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Il pesce lucente
C’era un vecchio[1], che aveva perso i figli e non sapeva come campare, lui e sua moglie, anch’essa vecchia e malandata. Andava tutti i giorni a far legna[2] nel bosco e vendeva la fascina per comprare il pane. Un giorno mentre andava nel bosco lamentandosi[3], incontr? un signore dalla lunga barba, e gli disse: “So tutte le tue pene, e voglio aiutarti. Ecco una borsa con cento ducati”. Il vecchio prese la borsa e svenne. Quando si riebbe, quel signore era scomparso. Il vecchio torn? a casa e nascose i cento ducati sotto un mucchio di letame, senza dir niente alla moglie[4]. “Se li do a lei[5], finiscono presto…” e continu? ad andare nel bosco l’indomani. La sera dopo trov? la tavola ben imbandita. “Come hai fatto a comprare tutta questa roba” chiese. “Ho venduto il letame” disse la moglie. C’erano[6] cento ducati nascosti!” L’indomani, il vecchio andava per il bosco sospirando pi? di prima. E incontr? di nuovo quel signore dalla lunga barba. “So della tua sfortuna” disse il signore. “Pazienza: ecco altri cento ducati”. Stavolta il vecchio li nascose sotto un mucchio di cenere. La moglie il giorno dopo[7] vendette la cenere e band? tavola. Il vecchio quando torn? e seppe non mangi? neanche un boccone[8]: and? a letto strappandosi i capelli. Al bosco l’indomani stava piangendo, quando torn? quel signore. “Stavolta non ti dar? pi? denaro. Tieni queste ventiquattro rane: vendile e col ricavato comprati un pesce, il pi? grosso che riuscirai a trovare”. Il vecchio vendette le ranocchie e compr? un pesce. La notte si accorse che luccicava: mandava una gran luce che si spandeva tutto intorno. A tenerlo in mano era come tenere una lanterna. La sera lo appese fuori dalla finestra. Era una notte buia, di burrasca. I pescatori che erano al largo non trovavano la via del ritorno tra le onde. Videro la luce a quella finestra. Tremarono dirigendosi verso la luce e si salvarono. Diedero al vecchio met? della loro pesca e fecero con lui il patto: il vecchio appese quel pesce alla finestra ogni notte e loro sempre divisero con lui la pesca. E cos? fecero e quel buon vecchio non conobbe pi? miseria.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. Il signore dalla lunga barba d? al vecchio una borsa con dieci ducati.
2. Il signore dalla lunga barba d? al vecchio una borsa con cento ducati.
3. Il signore dalla lunga barba d? al vecchio il pesce lucente.
4. Il signore dalla lunga barba d? al vecchio una lanterna magica.
2. Che cos’? un letame?
1. Un grano.
2. Un concime.
3. Un animale domestico.
4. Rifiuti.
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííîå ñëîâî:
1. Al bosco ____ stava piangendo, quando torn? quel signore.
2. Videro _____ a quella finestra.
3. Era una notte ____, di burrasca.
4. Il vecchio prese ____ e svenne.
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Il vecchio ___________ la borsa e svenne.
1. diede
2. prese
3. butt?
4. regal?
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
a – di – con – in
1. Diedero _____ vecchio met? della loro pesca.
2. And? _____ letto strappandosi i capelli.
3. Fecero _____ lui il patto.
4. Continu? ad andare ____ bosco l’indomani.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. (Andare) tutti i giorni a far legna nel bosco e (vendere) la fascina per comprare il pane.
2. Al bosco l’indomani (stare) piangendo, quando (tornare) quel signore.
3. Stavolta il vecchio li (nascondere) sotto un mucchio di cenere.
4. Il vecchio (prendere) la borsa e (svenire).
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Che cosa faceva il vecchio nel bosco ogni giorno?
2. Chi ha incontrato nel bosco?
3. Perch? il vecchio non ha detto niente alla sua moglie?
4. Che cosa ha regalato il signore al vecchio?
5. Che cosa faceva il pesce?
6. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. Il signore dalla lunga barba d? al vecchio una borsa con cento ducati.
2. Un concime.
3.
1. Al bosco l’indomani stava piangendo, quando torn? quel signore.
2. Videro la luce a quella finestra.
3. Era una notte buia, di burrasca.
4. Il vecchio prese la borsa e svenne.
4. prese.
5.
1. Diedero al vecchio met? della loro pesca.
2. And? a letto strappandosi i capelli.
3. Fecero con lui il patto.
4. Continu? ad andare nel bosco l’indomani.
Il Sole innamorato
Una volta[9] il Sole s’innamor? di una piccola stella che gli stava di fronte. La vedeva ogni mattina gingillarsi nel cielo e chiacchierare con tutti i pianeti e tutte le altre stelle. Sbatteva le ciglia, si specchiava nelle scie delle comete ed era sempre pronta a catturare il primo raggio di sole per brillare pi? delle altre. Il Sole, a forza di[10] guardarla, si era talmente innamorato di lei che un giorno non riuscendo pi? a controllare il suo desiderio decise di farle un regalo[11]. Allung? un raggio, stacc? da una nuvola un fiocco bianco a forma di rosa e lo don? alla stella. La stella impertinente rise del suo gesto e il Sole per la vergogna divenne tutto rosso e si tuff? nel mare perch?[12] nessuno si accorgesse. Il giorno seguente il sole risorse e decise di fare un altro regalo alla stella. Questa volta allung? un raggio, rub? la coda a una cometa e la don? alla stella. Anche questa volta la stella scoppi? a ridere, cos? il sole, ormai offeso, si nascose tutto rosso dietro le montagne. Il terzo giorno il sole si stuf? del comportamento della bella stella… ma tanto impertinente! Cos? decise di non farsi pi? vedere e inizi? a girare triste e sconsolato nascondendosi[13] fra i pianeti. All’improvviso, quando meno se lo aspettava[14], apparve una bellissima cometa che si avvicin? a lui e gli disse: “amato sole, se continui cos? ci farai morire di freddo! Abbiamo bisogno di te e del tuo calore! Non ci abbandonare!” Il sole commosso e lusingato dalla richiesta della bellissima cometa smise di nascondersi e ricominci? a splendere sempre pi? forte.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. Il sole amava una cometa.
2. Il sole amava una stella.
3. Il sole amava un pianeta.
4. Il sle non amava nessuno.
2. Che cos’? la vergogna?
1. Il pudore.
2. La gioia.
3. Il dolce.
4. Un animale.
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííîå ñëîâî:
1. Il giorno seguente il sole ____ e decise di fare un altro regalo alla stella.
2. Rub? _____ a una cometa e la don? alla stella.
3. Anche questa volta la stella ____ a ridere.
4. Abbiamo ______ di te e del tuo calore!
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Il terzo giorno il sole ____ del comportamento della bella stella.
1. piacque
2. si stuf?
3. adott?
4. condann?
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
per – da – di – a
1. Il Sole _____ la vergogna divenne tutto rosso.
2. Stacc? ____ una nuvola un fiocco bianco a forma di rosa.
3. Il giorno seguente il sole risorse e decise ___ fare un altro regalo ____ stella.
4. Abbiamo bisogno ___ te e ___ tuo calore.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. (Sbattere) le ciglia, (specchiarsi) nelle scie delle comete.
2. Il Sole (innamorarsi) di una piccola stella che gli (stare) di fronte.
3. Cos? (decidere) di non farsi pi? vedere e (iniziare) a girare triste e sconsolato nascondendosi fra i pianeti.
4. (Allungare) un raggio, (staccare) da una nuvola un fiocco bianco.
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Perch? il Sole inizi? a girare triste e sconsolato nascondendosi fra i pianeti?
2. Che cosa ha regolato il Sole alla stella il giorno primo?
3. Perch? la stella cos? disconoscente?
4. Che cosa ha detto la cometa al Sole?
5. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. Il sole amava una stella.
2. Il pudore.
3.
1. Il giorno seguente il sole risorse e decise di fare un altro regalo alla stella.
2. Rub? la coda a una cometa e la don? alla stella.
3. Anche questa volta la stella scoppi? a ridere.
4. Abbiamo bisogno di te e del tuo calore!
4. si stuf?
5.
1. Il Sole per la vergogna divenne tutto rosso.
2. Stacc? da una nuvola un fiocco bianco a forma di rosa.
3. Il giorno seguente il sole risorse e decise di fare un altro regalo alla stella.
4. Abbiamo bisogno di te e del tuo calore.
Il pane d’oro
C’era una volta marito e moglie che vivevano tanto miseramente da rischiare di morire di stenti. Una mattina l’uomo disse alla moglie: “Voglio andare a vedere se rimedio una giornata di lavoro in campagna, anche se le mie gambe non reggono per la stanchezza”. And? e trov? un fondo e cos? inizi? a zappare la terra. Mentre zappava, pass? di l? un nobiluomo che gli chiese cosa stesse facendo[15]. “Eh, signor mio, sto cercando di[16] guadagnarmi qualcosa per non morire di fame” rispose. “Ora ti dar? un pezzo di pane speciale, questo ti permetter? di non lavorare e di sfamarti per un bel po’[17]. Ma attento, devi mangiarlo solo tu, ripeto non darlo a nessuno”. L’uomo se ne torn?[18] a casa e la moglie gli domand? chi gli avesse dato il pane. “Zitta, moglie mia, me lo ha donato un nobiluomo dicendomi che saremo sazi per tantissimo tempo”. La moglie sbalordita gli chiese: “Perch? non lo portiamo alla comare della drogheria, cos? in cambio potrebbe darci della pasta?” Dopo un attimo di esitazione il marito le rispose “Forse hai ragione” sapendo di tradire[19] la promessa fatta al nobile. In fretta e furia portarono il pane alla comare, la quale, diede loro non solo la pasta, ma olio, ceci, fave, insomma molto di pi? di quello che si aspettavano[20]. Dopo qualche tempo, terminate le provviste, l’uomo fu costretto[21] di nuovo a dover andare per campi. Torn? a passare il nobiluomo che, meravigliato, gli chiese: “Ancora qui? Che hai fatto del pane? Non voglio sapere nulla, te ne dar? un altro pezzo, ma guai a te[22] se lo dividerai con qualcuno” gli intim?. L’uomo se ne torn? a casa tutto contento e, quando sua moglie vide di nuovo il pane riprese a tentarlo. “No, cara moglie, questa volta ho promesso solennemente” le disse seccato. “Diamogliene almeno la met?” insistette la donna. “Beh la met? si pu? anche darla, avanti prendi il coltello e dividiamolo in due.” disse con tono deciso. Ed ecco che cos? facendo, uscirono dal pane tante di quelle monete d’oro che la moglie per la gioia e lo stupore cadde a terra e mor? sul colpo[23]. Il marito dopo il lutto prese il pane con tutte le monete e si trasfer? a casa della comare e l? visse cent’anni.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. I coniugi portarono il pane al nobiluomo.
2. I coniugi portarono il pane al mercante.
3. I coniugi portarono il pane alla comare.
4. I coniugi portarono il pane alla vicina.
2. Chi ? la comare?
1. Una vicina.
2. Una venditrice.
3. Una santola.
4. Una fata.
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííîå ñëîâî:
1. And? e trov? ______ e cos? inizi? a zappare la terra.
2. Ora ti dar? un pezzo di pane _______.
3. Dopo qualche tempo, terminate le provviste, l’uomo fu ______ di nuovo a dover andare per campi.
4. Diede loro non solo la pasta, ma _____, ceci, fave.
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Mentre _______, pass? di l? un nobiluomo che gli chiese cosa stesse facendo.
1. lavorava.
2. zappava.
3. riposava.
4. dormiva.
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
a – di – in – per
1. Voglio andare ___ vedere se rimedio una giornata ___ lavoro ___ campagna.
2. Dopo qualche tempo, terminate le provviste, l’uomo fu costretto ___ nuovo ____ dover andare ___ campi.
3. Ma attento, devi mangiarlo solo tu, ripeto non darlo ____ nessuno.
4. ____ fretta e furia portarono il pane ____ comare.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. Non (volere) sapere nulla, te ne (dare) un altro pezzo, ma guai a te.
2. (Andare) e (trovare) un fondo e cos? (iniziare) a zappare la terra.
3. Perch? non lo (portare) alla comare della drogheria, cos? in cambio (potere) darci della pasta?
4. Il marito dopo il lutto (prendere) il pane con tutte le monete e (trasferirsi) a casa della comare e l? (vivere) cent’anni.
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Che cosa diede il nobiluomo al vecchio?
2. Che cosa diede la comare ai vecchi?
3. Che cosa fece il marito sui campi?
4. Perch? la moglie mor??
5. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. I coniugi portarono il pane alla comare.
2. Una santola.
3.
1. And? e trov? un fondo e cos? inizi? a zappare la terra.
2. Ora ti dar? un pezzo di pane speciale.
3. Dopo qualche tempo, terminate le provviste, l’uomo fu costretto di nuovo a dover andare per campi.
4. Diede loro non solo la pasta, ma olio, ceci, fave.
4. zappava.
5.
1. Voglio andare a vedere se rimedio una giornata di lavoro in campagna.
2. Dopo qualche tempo, terminate le provviste, l’uomo fu costretto di nuovo a dover andare per campi.
3. Ma attento, devi mangiarlo solo tu, ripeto non darlo a nessuno.
4. In fretta e furia portarono il pane alla comare.
I tre desideri
Una volta, tanto tempo fa, in una grande foresta, viveva un boscaiolo. Lui abitava in una capanna di tronchi, lavorava ogni giorno ad abbattere gli alberi e guadagnava abbastanza da mantenere s? e la moglie[24]. Una mattina and? come al solito al lavoro. Aveva deciso di abbattere una grande quercia, e faceva gi? il conto[25] tutto contento di quante tavole e di quanta legna avrebbe ricavato. Prese la sua scure, si gett? sulle spalle il sacco con un pezzo di pane e una borraccia d’acqua e si avvi?. Giunto alla quercia[26], gett? il sacco a terra, si lev? la giacca e sollev? la scure come se[27] avesse voluto abbattere la quercia con un colpo solo. Ma al colpo non cadde affatto. Dalla quercia usc? una vocina sottile e subito dopo, una meravigliosa fata apparve al boscaiolo, che rimase a bocca aperta e si lasci? sfuggire la scure dalle mani[28]. La fata lo preg?: “Buon uomo, risparmia questo albero, ed io sapr? ricompensarti”. Il boscaiolo impietosito e confuso, rispose: “Far? come tu desideri, bella fata”. Raccolse la scure, si gett? la giacca e il sacco sulle spalle e fece per andarsene[29]. Ma la bella fata lo trattenne: “Ti ringrazio, buon uomo. Voglio premiare il tuo buon cuore; esprimi tre desideri e quel che desideri accadr?”. Detto questo scomparve. Il boscaiolo si incammin? verso casa. Strada facendo gli venne un appetito straordinario[30] e, ancora prima di varcare la soglia grid? alla moglie: “Moglie, dammi subito il pranzo perch? ho una fame da lupi[31]”. “Il pranzo? Caro mio, dovrai pazientare almeno un’oretta, non ti aspettavo tanto presto. E cosa vorresti per pranzo?” “Budino di riso. Ma voglio una pentola grande come questa tavola. Aveva appena finito di parlare che comparve sulla tavola una pentola piena di budino fumante. Il boscaiolo e sua moglie spalancarono gli occhi; solo allora l’uomo si ricord? della fata del bosco e si batt? un colpo sulla fronte. “Ah che stupido che sono[32]!” E raccont? alla moglie quello che gli era successo. “Sei proprio uno stupido, il re degli stupidi!” lo sgrid? la moglie. “Vorrei che questa pentola ti si attaccasse al naso”. Non aveva ancora finito di parlare che la pentola si attacc? al naso del boscaiolo, costringendolo a piegare la testa fino a terra[33]. Il boscaiolo e sua moglie spalancarono gli occhi pi? di prima e cominciarono a tirare la pentola per farla venire via, ma non c’era verso di staccarla. “Adesso come si fa?” si domandarono l’un l’altro, lasciando cadere le braccia per la stanchezza. Che fare? Ormai non restava che pronunciare il terzo desiderio: “Che la pentola si stacchi dal naso!” Non avevano ancora finito di dirlo che la pentola ricadde sulla tavola con un gran fracasso. Il boscaiolo e sua moglie si sedettero a tavola e mangiarono il budino di riso. Era proprio squisito, in tutta la loro vita non avevano mai mangiato roba tanto buona… per forza[34] lo aveva cucinato la fata.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. Il boscaiolo voleva abbattere l’abete.
2. Il boscaiolo voleva abbattere il tiglio.
3. Il boscaiolo voleva abbattere la quercia.
4. Il boscaiolo voleva abbattere il pioppo.
2. Che cosa volle mangiare il boscaiolo?
1. Il pesce.
2. Il budino di riso.
3. Il pasticcio.
4. La pasta.
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííîå ñëîâî:
1. Aveva deciso di _____ una grande quercia.
2. Ma voglio una _____ grande come questa tavola.
3. Lui abitava in una _______________, lavorava ogni giorno ad abbattere gli alberi e guadagnava abbastanza da mantenere s? e la moglie.
4. Voglio ________ il tuo buon cuore; esprimi tre desideri e quel che desideri accadr?.
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Aveva appena finito di parlare che ________ sulla tavola una pentola piena di budino fumante.
1. scompar?.
2. comparve.
3. fugg?.
4. sbiad?.
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
di – a – per
1. Aveva deciso _____ abbattere una grande quercia, e faceva gi? il conto tutto contento ____ quante tavole e ____ quanta legna avrebbe ricavato.
2. Ma _____ colpo non cadde affatto.
3. Il boscaiolo e sua moglie spalancarono gli occhi pi? ____ prima e cominciarono _____ tirare la pentola _____ farla venire via.
4. E raccont? _____ moglie quello che gli era successo.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. (Volere) che questa pentola ti (attaccarsi) al naso.
2. Dalla quercia (uscire) una vocina sottile e subito dopo, una meravigliosa fata (apparire) al boscaiolo.
3. (finire) appena di parlare che (comparire) e sulla tavola una pentola piena di budino fumante.
4. (Raccogliere) la scure, (gettarsi) la giacca e il sacco sulle spalle.
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Perch? il boscaiolo volle abbattere la quercia?
2. Che cosa mangiarono i coniugi?
3. Che cosa promise la fata al boscaiolo?
4. Dove abitava il boscaiolo?
5. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. Il boscaiolo voleva abbattere la quercia.
2. Il budino di riso.
3.
1. Aveva deciso di abbattere una grande quercia.
2. Ma voglio una pentola grande come questa tavola.
3. Lui abitava in una capanna di tronchi lavorava ogni giorno ad abbattere gli alberi e guadagnava abbastanza da mantenere s? e la moglie.
4. Voglio premiare il tuo buon cuore; esprimi tre desideri e quel che desideri accadr?.
4. comparve.
5.
1. Aveva deciso di abbattere una grande quercia, e faceva gi? il conto tutto contento di quante tavole e di quanta legna avrebbe ricavato.
2. Ma al colpo non cadde affatto.
3. Il boscaiolo e sua moglie spalancarono gli occhi pi? di prima e cominciarono a tirare la pentola per farla venire via.
4. E raccont? alla moglie quello che gli era successo.
Le streghelle
C’era una volta un cervo che viveva in una casupola vicino al bosco assieme ad un bambino. Ogni giorno quando usciva per andare a pascolare diceva al bimbo:” Tu non aprire mai a nessuno”. “Vai tranquillo, non far? entrare nessuno” rispondeva il bimbo.
Un giorno mentre il cervo era al pascolo ed il bambino era solo in casa si udirono colpi alla porta[35]. “Bimbo, fa freddo, apri lo stanzino; appena ci riscaldiamo, subito ce ne andiamo” dicevano delle strane vocine. “Io non devo aprire a nessuno” rispose il bimbo e non apr?. “Hai fatto bene” lo lod? il cervo, dicendogli che le vocine erano delle streghelle e che se le avesse fatte entrare lo avrebbero portato via[36]. Il giorno dopo, non appena[37] il cervo se ne and?, qualcuno buss? alla porta. “Oh che freddo, che freddo fa! Bimbo, bambino apri lo stanzino appena ci riscaldiamo subito ce ne andiamo!!” “Poverine, come tremano dal freddo l? fuori; magari poi non sono cos? cattive, aprir? quanto basta perch?[38] possano riscaldarsi” pens? e cos? apr? la porta. Appena furono dentro lo stanzino le streghelle presero il bimbo e lo portarono via dalla casupola. “Povero me” piangeva il bimbo ricordandosi del cervo e si mise a gridare[39] sperando che lo sentisse. Infatti lo sent? e dopo avere attraversato valli e monti si present? con le sue enormi corna davanti alle streghelle che lasciarono il bimbo e sparirono. “Cosa ti avevo detto? La prossima volta non chiamarmi in aiuto” disse al bambino con aria seria. Dopo qualche giorno, mentre il bimbo era di nuovo a casa da solo si ripresentarono le streghelle e bussarono alla porta. “Bimbo, apri lo stanzino” mormorarono. “Non aprir?, vi conosco e non voglio essere portato via da voi” gli rispose. “Non temere, non ti faremo nulla, abbiamo tanto freddo, vorremmo solo riscaldarci e poi andremo subito via” dissero piangendo e supplicando. Il bambino dopo un po’ si commosse ed apr? la porta… e le streghelle con un balzo lo ghermirono e lo portarono via con loro. “Oh, perch? non ho ubbidito, stavolta il mio amico cervo non verr? a liberarmi” pensava e piangendo cominci? a gridare affinch? lo sentisse. Il cervo questa volta era talmente lontano che non lo udiva e nel frattempo le streghelle portarono il bimbo a casa loro dentro uno sgabuzzino, rimpinzandolo di cibo affinch? diventasse bello grasso per poi farlo arrosto.
Dopo qualche tempo le streghelle decisero che il bambino era abbastanza grasso e lo portarono verso il forno. Il bambino gridava cos? forte sperando che lo sentisse il cervo. Attraverso valli e monti il cervo ud? ed arriv?, prese il bimbo fra le corna e lo port? nella casupola. Da quel giorno il bimbo ubbid? sempre al cervo e non apr? mai a nessuno e le streghelle non vennero mai pi?.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. Il bambino abitava con l’orso.
2. Il bambino abitava con il gatto.
3. Il bambino abitava con il cervo.
4. Il bambino abitava con la volpe.
2. Perch? il cervo viet? di aprire la porta?
1. Perch? fuori fa freddo.
2. Perch? le streghelle possono portare via il bambino.
3. Perch? questo ? molto pericoloso.
4. Perch? il fuoco pu? spegnersi.
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííîå ñëîâî:
1. Il giorno dopo, non appena il cervo se ne and?, qualcuno _____ alla porta.
2. Dopo qualche tempo le streghelle _______ che il bambino era abbastanza grasso.
3. Non aprir?, vi ______ e non voglio essere portato via da voi.
4. Appena furono dentro ______le streghelle presero il bimbo e lo portarono via dalla casupola.
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Il cervo questa volta era talmente lontano che non lo udiva e nel frattempo le streghelle ______ il bimbo a casa loro dentro uno sgabuzzino.
1. presero
2. portarono
3. lasciarono
4. misero
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
a – in – da – con
1. Un giorno mentre il cervo era ___ pascolo ed il bambino era solo ___ casa si udirono colpi ____ porta.
2. Appena furono dentro lo stanzino le streghelle presero il bimbo e lo portarono via ____ casupola.
3. Infatti lo sent? e dopo avere attraversato valli e monti si present? ___ le sue enormi corna davanti ___ streghelle che lasciarono il bimbo e sparirono.
4. ____ quel giorno il bimbo ubbid? sempre ___ cervo e non apr? mai ____ nessuno e le streghelle non vennero mai pi?.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. Dopo qualche giorno, mentre il bimbo (essere) di nuovo a casa da solo (ripresentarsi) le streghelle e (bussare) alla porta.
2. Ogni giorno quando (uscire) per andare a pascolare (dire) al bimbo.
3. Le vocine (essere) delle streghelle e che se le (fare) entrare lo (portare via).
4. Il bambino (gridare) cos? forte (sperare) che lo (sentire) il cervo.
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Che cosa diceva il cervo al bambino ogni giorno?
2. Perch? il bimbo non ubbid??
3. Che cosa dicevano le streghelle al bambino?
4. Le streghelle erano buone?
5. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. Il bambino abitava con il cervo.
2. Perch? le streghelle possono portare via il bambino.
3.
1. Il giorno dopo, non appena il cervo se ne and?, qualcuno buss? alla porta.
2. Dopo qualche tempo le streghelle decisero che il bambino era abbastanza grasso.
3. Non aprir?, vi conosco e non voglio essere portato via da voi.
4. Appena furono dentro lo stanzino le streghelle presero il bimbo e lo portarono via dalla casupola.
4. portarono.
5.
1. Un giorno mentre il cervo era al pascolo ed il bambino era solo in casa si udirono colpi alla porta.
2. Appena furono dentro lo stanzino le streghelle presero il bimbo e lo portarono via dalla casupola.
3. Infatti lo sent? e dopo avere attraversato valli e monti si present? con le sue enormi corna davanti alle streghelle che lasciarono il bimbo e sparirono.
4. Da quel giorno il bimbo ubbid? sempre al cervo e non apr? mai a nessuno e le streghelle non vennero mai pi?.
La tessitrice
Tanto tempo fa una donna tesseva la tela vicino alla finestra. Lei tirava la navetta da destra a sinistra, poi prendeva il filo in bocca e tornava a tirare[40] la navetta nello stesso senso, da destra a sinistra. Pass? un vecchio, nessuno sapeva da dove venisse. Aveva una gran barba bianca. Si ferm? un attimo a guardare la tessitrice, poi le disse: “Perch? prendi il filo in bocca, invece di[41] far passare la navetta una volta da destra a sinistra e una volta da sinistra a destra?” La tessitrice prov? a fare come aveva detto il vecchio, la navetta andava avanti ed indietro rapidamente, il lavoro era assai pi? spedito. Il vecchio and? avanti[42] e vide un contadinello che stava arando. Egli arava un solco, giunto in fondo al campo prendeva in spalla l’aratro e tornava in principio, e qui cominciava a tracciare un altro solco. Il vecchio stette un po’ a guardarlo, poi disse: “Senti, quando sei in fondo al campo, perch? non giri il cavallo e non ari un solco anche mentre torni indietro?”
Il contadino prov? a fare come diceva il vecchio, arava un solco andando su, un altro tornando gi? e il lavoro andava avanti pi? velocemente. Il giorno dopo quel vecchio ripass? per la stessa strada e vide il contadinello che arava in su e in gi?. “Chi ti ha insegnato ad arare cos? bene?” domand? il vecchio. “Ma sei stato tu, nonno, ieri sera quando sei passato di qui”. Il vecchio sorrise e disse: “Bravo. E io ti dico che un giorno lavorerai e per tutto da mangiare avrai”. Poi il vecchio pass? sotto la finestra della tessitrice, stette un po’ a guardare la navetta che correva svelta in su e in gi? e le domand?: “Chi ti ha insegnato a tessere cos? bene?” “Nessuno, ho imparato da sola.” rispose la tessitrice, senza neanche guardarlo in faccia. Il vecchio si oscur? in volto, scosse la testa e disse: “E allora ti dico che un anno intero lavorerai e pi? di un fazzoletto non tesserai”. E se ne and?.
I tredici briganti
Dice che una volta c’erano due fratelli. Uno faceva il ciabattino[43] ed era ricco, l’altro il contadino ed era senza nulla. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi coltellacci. “I briganti!”, pens? il contadino, e si nascose; li vide avvicinarsi alla quercia e il capo disse: – Apritiquercia[44]! – Il tronco s’aperse e a uno a uno i tredici briganti ci entrarono. Il contadino rest? nascosto[45] ad aspettare. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno a uno, e l’ultimo fu il capo. – Chiuditiquercia[46]! – disse, e la quercia si richiuse. Quando i briganti se ne furono andati, il contadino volle provare anche lui. S’avvicin? all’albero e disse: – Apritiquercia! L’albero s’aperse e lui pass?. C’era una scala che andava sottoterra; scese e si trov?[47] in una caverna. Una caverna, dalla terra al soffitto, piena di roba ammonticchiata: un monte di monete d’oro, uno di brillanti, uno di marenghi, un altro d’oro, un altro di brillanti, un altro di marenghi, ancora uno d’oro, uno di brillanti, uno di marenghi; e cos? via, fino a tredici. Il contadino cominci? a guardare, a empirsi gli occhi di quel luccichio: empiti gli occhi cominci? a empirsene le tasche della giacca, poi le tasche dei calzoni, poi si strinse bene in fondo i calzoni e a lenti passi tintinnanti[48] torn? a casa. – Che t’? successo[49]? – gli disse la moglie vedendolo arrivare a quel modo. Lui cominci? a rovesciare le tasche e i pantaloni, e le raccont? tutto. Per misurare i soldi, gli serviva uno stoppello; ma lui non l’aveva; cos? mand? a chiederlo in prestito al fratello. Il ciabattino pens?: “Cosa mai avr? da misurare mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo? Voglio vedere un po”, e impast? una lisca di pesce sul fondo dello stoppello. Quando gli restituirono lo stoppello and? subito a vedere cosa c’era rimasto attaccato e figuratevi[50] come rimase quando vide un marengo! And? subito a trovare il fratello. – Dimmi chi t’ha dato questi soldi! – E il contadino gli raccont?. Il ciabattino allora gli disse: – Be’, fratello, mi ci devi portare anche a me. Io ho figli, e ho pi? bisogno di soldi di te!
Allora i due fratelli presero due somari e quattro sacchi, andarono all’albero, dissero: – Apritiquercia! – riempirono i sacchi e via. A casa, si divisero l’oro, i brillanti e i marenghi e ormai ne avevano da campare di rendita. Perci? si dissero: – Ora non facciamoci pi? vedere laggi?, se no ci lasciamo la pelle[51]! Il ciabattino aveva detto: – Intesi, – ma solo per ingannare suo fratello e andare una volta da solo a far man bassa[52], perch? era uno che non aveva mai abbastanza. And?, aspett? che i briganti uscissero dalla quercia, ma non li cont? mentre se ne andavano. Ma invece di tredici erano dodici, perch? uno era rimasto a far la guardia[53], dato che[54] s’erano accorti che qualcuno veniva nella caverna a derubarli. Il brigante salt? fuori, sorprese il ciabattino, lo squart? come un maiale e cos? squartato l’appese a due rami. La moglie non vedendolo pi? tornare, and? dal contadino. – Cognato mio, disgrazia. Fratello tuo ? andato alla quercia un’altra volta e non ? pi? tornato! Il contadino aspett? la notte e and? alla quercia. Appeso ai rami, vide il corpo squartato del fratello, lo sleg?, lo caric? sull’asino, e lo port? a casa, tra gran pianti della moglie e dei figli. Per non seppellirlo squartato chiamarono un altro ciabattino suo collega, e lo fecero cucire. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, compr? una taverna e si mise a far la taverniera[55]. Intanto i briganti s’erano messi a girare il paese, per vedere a chi erano rimasti i soldi. Uno and? dal ciabattino che aveva cucito il morto e gli disse: – Compare, sei capace di dar due punti a questa scarpa[56]? – Eh! – fece lui, – ho cucito un ciabattino, volete che non cucia una ciabatta? Un mio collega che hanno squartato. Il marito della taverniera. Cos? i banditi seppero che la taverniera profittava delle ricchezze rubate. Presero una botte grande e ci si nascosero dentro in undici; la botte la misero su un carro e gli altri due si misero a tirare il carro. Scesero alla taverna e dissero: – Buona donna, fate posare qui questa botte? E ce lo fate da mangiare? – Accomodatevi, – disse la taverniera, e si mise a cucinare i maccheroni per i due carrettieri. Intanto la figlia, giocando li vicino, senti rumore nella botte. Si mise ad ascoltare e senti dire: – Ora gliela diamo la buona notte a questa qui! – Salt? su e corse a dirlo a sua madre. Sua madre non stette li a sprecare sale e olio: prese una caldaia d’acqua bollente e la rovesci? nella botte. I briganti morirono spellati. Poi and? a servire i maccheroni agli altri due. Gli mesc? vino oppiato e quando s’addormentarono gli tagli? le teste. – Adesso va’ a chiamare il giudice, – disse a sua figlia. Arriv? il giudice, cap? che erano tredici briganti e diede un premio alla taverniera, perch? aveva schiantato quella malerba.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. Il fratello che non aveva nulla faceva il boscaiolo.
2. Il fratello che non aveva nulla faceva il ciabattino.
3. Il fratello che non aveva nulla faceva il contadino.
4. Il fratello che non aveva nulla faceva il mugnaio.
2. Ïîäáåðèòå àíòîíèìû:
ricco – pesante —
dolce – vivo —
basso – forte —
buono – scuro —
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííîå ñëîâî:
1. Cosa mai avr? da _______ mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo.
2. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi _______.
3. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, compr? _______ e si mise a far la taverniera.
4. And?, aspett? che i briganti uscissero dalla _______, ma non li cont? mentre se ne andavano.
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Per misurare i soldi, gli _______ uno stoppello; ma lui non l’aveva; cos? mand? a chiederlo in prestito al fratello.
1. bisognava
2. serviva
3. portava
4. sapeva
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
di – a – su – da
1. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno ____ uno, e l’ultimo fu il capo.
2. Appeso ____ rami, vide il corpo squartato ____ fratello, lo sleg?, lo caric? ____ asino, e lo port? ____ casa, tra gran pianti _____ moglie e ____ figli.
3. And? subito ____ trovare il fratello.
4. Una caverna, _____ terra ____ soffitto, piena ____ roba ammonticchiata.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. Il brigante (saltare) fuori, (sorprendere) il ciabattino, lo (squartare) come un maiale e cos? squartato lo (appendere) a due rami.
2. (Arrivare) il giudice, (capire) che (essere) tredici briganti e (dare) un premio alla taverniera, perch? (schiantare) quella malerba.
3. Allora i due fratelli (prendere) due somari e quattro sacchi, (andare) all’albero.
4. Sua madre non (stare) li a sprecare sale e olio: (prendere) una caldaia d’acqua bollente e la (rovesciare) nella botte.
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Che cosa fece la taverniera con i briganti?
2. Perch? il ciabattino ingann? il suo fratello?
3. Che cosa vide il contadino nella caverna?
4. Che cosa fece i briganti con il ciabattino?
5. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. Il fratello che non aveva nulla faceva il contadino.
3.
1. Cosa mai avr? da misurare mio fratello che non ha mai avuto nulla al mondo.
2. Un giorno il contadino era in campagna, e vide tredici uomini sotto un albero di quercia, con certi coltellacci.
3. La vedova del ciabattino, con tutti i soldi che le erano rimasti, compr? una taverna e si mise a far la taverniera.
4. And?, aspett? che i briganti uscissero dalla quercia, ma non li cont? mentre se ne andavano.
4. serviva.
5.
1. Dopo un po’ i briganti uscirono, uno a uno, e l’ultimo fu il capo.
2. Appeso ai rami, vide il corpo squartato del fratello, lo sleg?, lo caric? sull’asino, e lo port? a casa, tra gran pianti della moglie e dei figli.
3. And? subito a trovare il fratello.
4. Una caverna, dalla terra al soffitto, piena di roba ammonticchiata.
Il lupo e le tre ragazze
C’erano tre sorelle, a lavorare in un paese. Gli venne la notizia che la loro mamma, che abitava a Borgoforte, stava mal da morte[57]. Allora la sorella maggiore si prepar? due sporte con dentro quattro fiaschi e quattro torte e part? per Borgoforte. Per strada trov? il lupo che le disse: – Dove corri cos? forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le ? preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no[58], alle corte[59], ch’io ti mangi ? la tua sorte. La ragazza diede tutto al lupo, e torn? dalle sorelle a gambe levate[60]. Allora la seconda riemp? la sporta e part? per Borgoforte. Trov? il lupo. – Dove corri cos? forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le ? preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? – Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no, alle corte, ch’io ti mangi ? la tua sorte. Anche la seconda sorella vuot? le sporte e torn? via di corsa. Allora la pi? piccola disse: – Adesso ci vado un po’ io, – prepar? le sporte e part?. Trov? il lupo. – Dove corri cos? forte? – Da mia mamma a Borgoforte, che le ? preso mal da morte. – Cosa porti in quelle sporte? – Quattro fiaschi e quattro torte. – Dalle a me se no, alle corte, ch’io ti mangi ? la tua sorte. Allora la pi? piccola prese una torta e la butt? al lupo che stava a bocca aperta. Era una torta che lei aveva preparato prima apposta, con dentro tanti chiodi. Il lupo la prese al volo e la morse e si punse tutto il palato. Sput? la torta, fece un balzo indietro[61], e scapp? dicendo alla bambina: – Me la pagherai! Di corsa, per certe scorciatoie che sapeva solo lui, il lupo arriv? a Borgoforte prima della bambina. Entr? in casa della madre ammalata, la mangi? in un boccone[62], e si mise a letto al suo posto. Arriv? la bambina, vide la mamma che faceva appena capolino[63] dalle lenzuola, e le disse: – Come sei diventata nera, mamma! Sono stati tutti i mali che ho avuto, bambina, – disse il lupo. Come t’? venuta la testa grossa, mamma! – Sono stati tutti i pensieri che ho avuto, bambina. – Lascia che t’abbracci, mamma, – disse la bambina e il lupo “ahm!”, se la mangi? in un boccone. Inghiottita che ebbe la bambina, il lupo scapp? fuori. Ma appena sulla via i paesani, a vedere un lupo uscire da una casa, gli si misero dietro con forche e badili, gli chiusero tutte le strade e l’ammazzarono. Gli tagliarono subito la pancia e ne uscirono madre e figlia ancora vive. La mamma guar? e la bambina torn? dalle sorelle a dire: – Avete visto che io ce l’ho fatta!
La fiaba dei gatti
Una donna aveva una figlia e una figliastra, e questa figliastra la teneva come un ciuco da fatica, e un giorno la mand? a cogliere cicorie. La ragazza va e va, e invece di cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso. Tira il cavolfiore, tira, tira, e quando lo sradic?, in terra s’aperse come un pozzo. C’era una scaletta e lei discese. Trov? una casa piena di gatti, tutti affaccendati. C’era un gatto che faceva il bucato, un gatto che tirava acqua da un pozzo, uno che cuciva, un gatto che rigovernava, un gatto che faceva il pane. La ragazza si fece dare la scopa[64] da un gatto e l’aiut? a spazzare, a un altro prese in mano i panni sporchi e l’aiut? a lavare, all’altro ancora tir? la corda del pozzo, e a uno inforn? le pagnotte. A mezzogiorno venne fuori[65] una gran gatta, che era la mamma di tutti i gatti, e suon? la campanella: – Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare! Dissero i gatti: – Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ragazza ha lavorato pi? di noi. – Brava, – disse la gatta, – vieni e mangia con noi. – Si misero a tavola, la ragazza in mezzo ai[66] gatti e Mamma Gatta le diede carne, maccheroni e un galletto arrosto; ai suoi figli invece diede solo fagioli. Ma alla ragazza dispiaceva di mangiare da sola e vedendo che i gatti avevano fame, spart? con loro tutto quello che Mamma Gatta le dava. Quando si alzarono, la ragazza sparecchi? tavola, sciacqu? i piatti dei gatti, scop? la stanza e mise in ordine[67]. Poi disse alla Mamma Gatta: – Gatta mia, ora bisogna che me ne vada, se no mia mamma mi sgrida. Disse la gatta: – Aspetta, figlia mia, che voglio darti una cosa. – L? sotto c’era un grande ripostiglio, da una parte era pieno di roba di seta, dalle vesti agli scarpini, dall’altra pieno di roba fatta in casa, gonnelle[68], giubbetti, grembiuli, fazzoletti di bambagie, scarpe di vacchetta. Disse la gatta: – Scegli quel che vuoi. La povera ragazza che andava scalza e stracciata, disse: – Datemi un vestito fatto in casa, un paio di scarpe di vacchetta e un fazzoletto da mettere al collo. – No, – disse la gatta, – sei stata buona coi miei gattini e io ti voglio fare un bel regalo. – Prese il pi? bell’abito di seta, un bel fazzoletto grande, un paio di scarpini di raso, la vesti e disse: – Ora che esci, nel muro ci sono certi pertugi; tu ficcaci le dita, e poi alza la testa in aria. La ragazza, quando usc?, ficc? le dita dentro quei buchi e tir? fuori la mano tutta inanellata, un anello pi? bello dell’altro in ogni dito. Alz? il capo, e le cadde una stella in fronte. Torn? a casa ornata come una sposa. Disse la matrigna: – E chi te le ha date tutte queste bellezze? – Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati a lavorare e m’hanno fatto dei regali, – e le raccont? com’era andata. La madre, l’indomani, non vedeva l’ora di[69] mandarci quella mangiapane di sua figlia. Le disse: – Va’ figlia mia, cos? avrai anche tu tutto come tua sorella. – Io non ne ho voglia, – diceva lei, – non ho voglia di camminare, fa freddo, voglio stare vicino al camino. Ma la madre la fece uscire a suon di bastonate[70]. Quella ciondolona cammina cammina, trova il cavolfiore, lo tira, e scese dai gatti. Al primo che vide gli tir? la coda, al secondo le orecchie, al terzo strapp?, a quello che cuciva sfil? l’ago, a quello che tirava l’acqua butt? il secchio nel pozzo: insomma non fece altro che[71] dispetti per tutta la mattina, e loro miagolavano, miagolavano. A mezzogiorno, venne Mamma Gatta con la campanella: – Dalin, dalon! Dalin, dalon! Chi ha lavorato venga a mangiare, chi non ha lavorato venga a guardare! – Mamma, – dissero i gatti, – noi volevamo lavorare, ma questa ragazza ci ha tirato la coda, ci ha fatto un sacco di dispetti e non ci ha lasciato far niente! – Bene, – disse Mamma Gatta, – andiamo a tavola. – Alla ragazza diede una galletta d’orzo bagnata nell’aceto, e ai suoi gattini maccheroni e carne. Ma la ragazza non faceva altro che rubare il mangiare dei gatti. Quando s’alzarono da tavola, senza badare a sparecchiare niente, disse a Mamma Gatta: – Be’, adesso dammi la roba che hai dato a mia sorella. Mamma Gatta allora la fece entrare nel ripostiglio e le chiese cosa voleva. – Quella veste l? che e la pi? bella! Quegli scarpini, che hanno i tacchi pi? alti! Allora, – disse la gatta, – spogliati e mettiti questa roba di lana unta e bisunta e queste scarpe chiodate di vacchetta tutte scalcagnate. – Le annod? un cencio di fazzoletto al collo e la conged? dicendo: – Adesso vattene[72], e mentre esci, ficca le dita nei buchi e poi alza la testa in aria. La ragazza usc?, ficce le dita nei buchi e le si attorcigliarono tanti lombrichi, e pi? faceva per staccarseli, pi? s’attorcigliavano. Alz? il capo in aria e le cadde un sanguinaccio che le pendeva in bocca e lei doveva dargli sempre un morso perch? s’accorciasse. Quando arriv? a casa cos? conciata, pi? brutta di una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che mor?. E la ragazza a furia di[73] mangiar sanguinaccio, mor? lei pure. Mentre la sorellastra buona e laboriosa, se la spos? un bel giovane. Cos? stettero belli e contenti, drizza le orecchie che ancora li senti.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. La figliastra era pigra.
2. La figliastra era laboriosa.
3. La figliastra era disutile.
4. La figliastra era furba.
2. Ïîäáåðèòå ñèíîíèìû:
mangiapane – lavaggio —
allegro – carro —
lavoro – scala —
casa – asino —
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííîå ñëîâî:
1. Trov? una casa piena di gatti, tutti _____________.
2. Quando si alzarono, la ragazza sparecchi? tavola, sciacqu? i piatti dei gatti, scop? _________ e mise in ordine.
3. Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ________ ha lavorato pi? di noi.
4. Mentre la __________ buona e laboriosa, se la spos? un bel giovane.
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Alla ragazza ________ una galletta d’orzo bagnata nell’aceto, e ai suoi gattini maccheroni e carne.
1. prese
2. diede
3. fece
4. pose
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
a – di – in
1. La ragazza va e va, e invece _______ cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso.
2. Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati _____ lavorare e m’hanno fatto ____ regali.
3. Quando arriv? ______ casa cos? conciata, pi? brutta ____ una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che mor?.
4. Alz? il capo, e le cadde una stella ____ fronte.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. Quella ciondolona (camminare) (camminare), (trovare) il cavolfiore, lo (tirare), e (scendere) dai gatti.
2. Quando (arrivare) a casa cos? conciata, pi? brutta di una scoppiettata, la mamma ne (avere) tanta rabbia che (morire).
3. Gatta mia, ora (bisognare) che (andarsene), se no mia mamma mi (sgridare).
4. La ragazza (farsi) dare la scopa da un gatto e lo (aiutare) a spazzare, a un altro (prendere) in mano i panni sporchi e lo (aiutare) a lavare, all’altro ancora (tirare) la corda del pozzo, e a uno (infornare) le pagnotte.
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Che cosa dov? cogliere la figliastra?
2. Perch? la seconda ragazza non aveva voglia di camminare?
3. Quanti gatti c’erano nella casa?
4. Perch? Mamma Gatta premi? la figliastra?
5. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. La figliastra era laboriosa.
3.
1. Trov? una casa piena di gatti, tutti affaccendati.
2. Quando si alzarono, la ragazza sparecchi? tavola, sciacqu? i piatti dei gatti, scop? la stanza e mise in ordine.
3. Mamma, abbiamo lavorato tutti, ma questa ragazza ha lavorato pi? di noi.
4. Mentre la sorellastra buona e laboriosa, se la spos? un bel giovane.
4. diede.
5.
1. La ragazza va e va, e invece di cicoria trova un cavolfiore: un bel cavolfiore grosso grosso.
2. Mamma mia, ho trovato certi gattini, li ho aiutati a lavorare e m’hanno fatto dei regali.
3. Quando arriv? a casa cos? conciata, pi? brutta di una scoppiettata, la mamma ne ebbe tanta rabbia che mor?.
4. Alz? il capo, e le cadde una stella in fronte
Le tre casette
Una povera donna morendo chiam? le tre figliole e cos? parl?: – Figlie mie, fra poco sar? morta e voi rimarrete sole al mondo. Quando non ci sar? pi?, fate cos?: andate dai vostri zii e fatevi costruire una casetta per ciascuna. Vogliatevi bene. Addio. – E spir?. Le tre ragazze uscirono piangendo. Si misero per via e incontrarono un loro zio, stuoiaio. Disse Caterina, la pi? grande: – Zio, nostra mamma ? morta; voi che siete cos? buono, fatemi una casetta di stuoie. E lo zio stuoiaio le fece la casetta di stuoie. Le altre due sorelle andarono innanzi e incontrarono un loro zio, falegname. Disse Giulia, la seconda: – Zio, nostra mamma ? morta; voi che siete cos? buono, fatemi una casetta di legno. E lo zio falegname le fece la casetta di legno. Rimase solo Marietta, la pi? piccina, e continuando la sua via s’imbatt? in un suo zio, fabbro. – Zio, – gli disse, – la mamma ? morta; voi che siete cos? buono, fatemi una casetta di ferro. E lo zio fabbro le fece la casetta di ferro. Sulla sera venne il lupo. And? alla casetta di Caterina e picchi? all’uscio. Caterina chiese: – Chi ?? – Sono un povero pulcino, tutto bagnato; aprimi per carit?. – Vattene; sei il lupo e mi vuoi mangiare. Il lupo diede una spinta alle stuoie, entr? e si mangi? Caterina in un boccone. Il giorno dopo le due sorelle andarono a far visita a Caterina. Trovarono le stuoie sfondate, e la casetta vuota. – Oh, poverette noi! – dissero. – Di certo la nostra sorella maggiore l’ha mangiata il lupo. Verso sera torn? il lupo e and? alla casetta della Giulia. Buss?, e lei: – Chi ?? – Sono un pulcino smarrito, dammi asilo per piet?. – No, sei il lupo, e mi vorresti mangiare come mia sorella. Il lupo diede una spinta alla casetta di legno, spalanc? l’uscio, e della Giulia ne fece un boccone. Al mattino la Marietta va a far visita alla Giulia, non la trova e dice tra s?[74]: “Il lupo l’ha mangiata! Povera me, sono rimasta sola a questo mondo”. In sul far della notte[75] il lupo venne alla casetta della Marietta. – Chi ?? – Sono un povero pulcino intirizzito, ti prego, lasciami entrare. – Vattene che sei il lupo e come hai mangiato le mie sorelle vorresti mangiare me. Il lupo d? uno spintone all’uscio, ma l’uscio era di ferro come tutta la casa e il lupo si ruppe una spalla. Urlando dal dolore corse dal fabbro. – Aggiustami la spalla, – gli disse. – Io aggiusto il ferro, non le ossa, – disse il fabbro. – Ma io le ossa me le sono rotte col ferro, quindi sei tu che me le devi aggiustare, – disse il lupo. Allora il fabbro prese il martello e i chiodi e gli aggiust? la spalla. Il lupo torn? da Marietta e si mise a parlarle vicino all’uscio chiuso: – Senti, Mariettina, per colpa tua mi son rotto una spalla, ma ti voglio bene lo stesso. Se domattina vieni con me, andiamo per ceci in un campo qua vicino. La Marietta rispose: – S?, s?, – ma, furba com’era, aveva capito che il lupo voleva solo farla uscir di casa per mangiarsela. Perci? l’indomani si alz? prima che facesse giorno, and? al campo dei ceci e ne raccolse una grembiulata. Torn? a casa, mise a cuocere i ceci e gett? le bucce dalla finestra. Alle nove venne il lupo. – Mariettina bella, vieni con me per ceci. – No, che non ci vengo, balordo: i ceci li ho gi? raccolti, guarda sotto la finestra e vedrai le bucce, annusa il fumo che viene dal camino e sentirai l’odore, e a te non resta che leccarti le labbra[76]. Il lupo era fuori di s? dalla stizza, ma disse: – Fa niente[77], domattina ti vengo a prendere alle nove e andremo per lupini. – S?, s?, – disse la Marietta, – alle nove t’aspetto. Invece anche stavolta s’alz? per tempo[78], and? al campo di lupini, ne colse una grembiulata e li port? a casa a cuocere. Quando venne il lupo a prenderla, mostr? le bucce fuor dalla finestra. Il lupo tra s? giurava vendetta, ma a lei disse: – Ah, birichina, me l’hai fatta! E s? che io ti voglio tanto bene! Domani, vedi, dovresti venire con me in un campo che so io. Ci sono delle zucche che sono una meraviglia, e ne faremo una scorpacciata. – S?, che ci verr?, – disse la Marietta. Al mattino, corse al campo delle zucche prima di giorno, ma questa volta il lupo non aspett? le nove; e corse anche lui al campo delle zucche per mangiarsi la Marietta in un boccone. Appena la Marietta vide il lupo da lontano, non sapendo dove scappare, fece un buco in una grossa zucca e ci si appiatt? dentro. Il lupo, che sentiva odor di cristiano, annusa tra le zucche, gira e rigira e non la trova. Allora pens?: “Sar? gi? tornata a casa. Me ne far? una scorpacciata di zucche io da solo”, e cominci? a mangiar zucche a crepapelle[79]. La Marietta tremava sentendo il lupo che si avvicinava alla sua zucca, pensando che l’avrebbe mangiata con lei dentro. Ma quando arriv? alla zucca di Marietta il lupo era ormai sazio. – Questa qui che ? cos? grossa, – disse, – voglio portarla in regalo alla Marietta per farmela amica. – Addent? la zucca e reggendola coi denti. galopp? alla casetta di ferro e la butt? dentro la finestra. – Mariettina mia! – disse. – Guarda che bel regalo che t’ho portato. La Mariettina, ormai al sicuro in casa sua, sgusci? fuori dalla zucca, chiuse la finestra, e dietro i vetri fece le corna al lupo. – Grazie, amico lupo, – gli disse, – io ero nascosta nella zucca e tu m’hai portata fino a casa. Il lupo, a sentir questo, sbatteva la testa contro le pietre. La sera nevicava. La Marietta si scaldava al focolare, quando senti un rumore gi? per la canna del camino. “Questo ? il lupo che viene a mangiarmi”, pens?. Prese un paiolo d’acqua e lo mise sul fuoco a bollire. Piano piano, piano piano, il lupo scende per il camino, spicca un salto credendo di saltare addosso alla ragazza e invece casca nell’acqua bollente e resta cotto. Cos? la scaltra Marietta si liber? dal nemico e visse tranquilla per tutta la sua vita.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. Il lupo ha mangiato la sorella maggiore.
2. Il lupo ha mangiato la seconda sorella.
3. Il lupo ha mangiato tutte le tre sorelle.
4. Il lupo ha mangiato Caterina e Giulia.
2. Perch? il lupo non poteva rompere la casa di Marietta?
1. La casa era di ferro.
2. Il lupo era molto debole.
3. La casa era di mattone.
4. la casa era di pietra.
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííûå ñëîâà:
1. Allora il fabbro prese ________ e i chiodi e gli aggiust? la spalla.
2. Cos? la scaltra Marietta si liber? dal nemico e visse _________ per tutta la sua vita.
3. La Mariettina, ormai al sicuro in casa sua, sgusci? fuori dalla zucca, chiuse la finestra, e dietro i vetri fece ________ al lupo.
4. Perci? l’indomani si alz? prima che facesse giorno, and? al campo dei ceci e ne raccolse una _____________.
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Torn? a casa, mise a cuocere i ceci e _________ le bucce dalla finestra.
1. butt?
2. gett?
3. ruppe
4. port?
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
di – a – per – in
1. Perci? l’indomani si alz? prima che facesse giorno, and? ___ campo ____ ceci e ne raccolse una grembiulata.
2. Il lupo, ___ sentir questo, sbatteva la testa contro le pietre.
3. ____ mattino, corse ____ campo ____ zucche prima ___ giorno, ma questa volta il lupo non aspett? le nove; e corse anche lui ___ campo ___ zucche ____ mangiarsi la Marietta ___ un boccone.
4. Sono un povero pulcino, tutto bagnato; aprimi ____ carit?.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. Il lupo (dare) uno spintone all’uscio, ma l’uscio (essere) di ferro come tutta la casa e il lupo (rompersi) una spalla.
2. Cos? la scaltra Marietta (liberarsi) dal nemico e (vivere) tranquilla per tutta la sua vita.
3. La Mariettina, ormai al sicuro in casa sua, (sgusciare) fuori dalla zucca, (chiudere) la finestra, e dietro i vetri (fare) le corna al lupo.
4. Le altre due sorelle (andare) innanzi e (incontrare) un loro zio, falegname.
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Che cosa si ruppe il lupo?
2. Perch? il lupo non potette rompere la casa di Marietta?
3. Dove si nascose Marietta?
4. Come si chiama la sorella maggiore?
5. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. Il lupo ha mangiato Caterina e Giulia.
2. La casa era di ferro.
3.
1. Allora il fabbro prese il martello e i chiodi e gli aggiust? la spalla.
2. Cos? la scaltra Marietta si liber? dal nemico e visse tranquilla per tutta la sua vita.
3. La Mariettina, ormai al sicuro in casa sua, sgusci? fuori dalla zucca, chiuse la finestra, e dietro i vetri fece le corna al lupo.
4. Perci? l’indomani si alz? prima che facesse giorno, and? al campo dei ceci e ne raccolse una grembiulata.
4. gett?
5.
1. Perci? l’indomani si alz? prima che facesse giorno, and? al campo dei ceci e ne raccolse una grembiulata.
2. Il lupo, a sentir questo, sbatteva la testa contro le pietre.
3. Al mattino, corse al campo delle zucche prima di giorno, ma questa volta il lupo non aspett? le nove; e corse anche lui al campo delle zucche per mangiarsi la Marietta in un boccone.
4. Sono un povero pulcino, tutto bagnato; aprimi per carit?.
Il contadino astrologo
Un Re aveva perduto un anello prezioso. Cerca qua, cerca l?, non si trova. Mise fuori un bando[80] che se un astrologo gli sa dire dov’?, lo fa ricco per tutta la vita. C’era un contadino senza un soldo, che non sapeva n? leggere n? scrivere, e si chiamava G?mbara. “Sar? tanto difficile far l’astrologo? – si disse. – Mi ci voglio provare”. E and? dal Re. Il Re lo prese in parola[81], e lo chiuse a studiare in una stanza. Nella stanza c’era solo un letto e un tavolo con un gran libraccio d’astrologia, e penna, carta e calamaio. G?mbara si sedette al tavolo e cominci? a scartabellare il libro senza capirci niente e a farci dei segni con la penna. Siccome non sapeva scrivere, venivano fuori dei segni ben strani[82], e i servi che entravano due volte al giorno a portargli da mangiare, si fecero l’idea che fosse un astrologo molto sapiente. Questi servi erano stati loro a rubare l’anello, e con la coscienza sporca che avevano, quelle occhiatacce che loro rivolgeva G?mbara ogni volta che entravano, per darsi aria[83] d’uomo d’autorit?, parevano loro occhiate di sospetto. Cominciarono ad aver paura d’essere scoperti, e non la finivano pi? con le riverenze, le attenzioni: “S? signor astrologo! Comandi, signor astrologo!” G?mbara, che astrologo non era, ma contadino, e perci? malizioso, subito aveva pensato che i servi dovessero saperne qualcosa dell’anello. E pens? di farli cascare in un inganno. Un giorno, all’ora in cui gli portavano il pranzo, si nascose sotto il letto. Entr? il primo dei servi e non vide nessuno. Di sotto il letto, G?mbara disse forte: – E uno! – il servo lasci? il piatto e si ritir? spaventato. Entr? il secondo servo, e sent? quella voce che pareva venisse di sottoterra: – E due! – e scapp? via anche lui. Entr? il terzo: – E tre! I servi si consultarono: – Ormai siamo scoperti, se l’astrologo ci accusa al Re, siamo spacciati. Cos? decisero d’andare dall’astrologo e confessargli il furto. Noi siamo povera gente, – gli fecero, – e se dite al Re quel che avete scoperto, siamo perduti. Eccovi questa borsa d’oro: vi preghiamo di non tradirci. G?mbara prese la borsa e disse: – lo non vi tradir?, per? voi fate quel che vi dico. Prendete l’anello e fatelo inghiottire a quel tacchino che c’? laggi? in cortile. Poi lasciate fare a me. Il giorno dopo G?mbara si present? al Re e gli disse che dopo lunghi studi era riuscito a sapere dov’era l’anello. – E dov’?? – L’ha inghiottito un tacchino. Fu sventrato il tacchino e si trov? l’anello. Il Re colm? di ricchezze l’astrologo e diede un pranzo in suo onore, con tutti i Conti, i Marchesi, i Baroni e i Grandi del Regno. Tra le tante pietanze fu portato in tavola un piatto di gamberi. Bisogna sapere che in quel paese non si conoscevano i gamberi, e quella era la prima volta che se ne vedevano, regalo d’un Re d’altro paese. – Tu che sei astrologo, – disse il Re al contadino, – dovresti sapermi dire come si chiamano questi che sono qui nel piatto. Il poveretto di bestie cos? non ne aveva mai viste n? sentite nominare. E disse tra s?, a mezza voce: – Ah, G?mbara, G?mbara. Sei finito male. – Bravo! – disse il Re, che non sapeva il vero nome dei contadino. – Hai indovinato: quello ? il nome: gamberi! Sei il pi? grande astrologo del mondo.
La madre schiava
C’era una volta un marito e una moglie, massari comodi, che tenevano masseria del primo signore della provincia, dalla parte d’Otranto. Avevano cinque figli, e la massara, dopo aver fatto tutti i servizi e messo la pignatta sul fuoco per gli uomini che rientravano dalla fatica, si sedeva ogni sera sulla soglia di casa e diceva il rosario[84]. Una sera, mentre stava per farsi il segno della croce, senti cantare la civetta, e la civetta diceva: – Massara, massara! Quando vuoi la ricchezza, in giovent? o in vecchiezza? – Ges? Maria! – disse la massara, facendosi in fretta il segno della croce. Era l’ora che gli uomini tornavano da fuori. Si sedettero a tavola e mangiarono in grazia di Dio. Quella povera cristiana era un po’ frastornata. – Che hai? – le chiesero il marito e i figli. Rispose che non si sentiva bene. La sera dopo, quando si rimise a dire il rosario, di nuovo sent? la civetta: – Quando vuoi la ricchezza, in giovent? o in vecchiezza? – Madonna santa! – disse la massara. – Questa non ? cosa buona! – Pigli? e and? a dirlo al marito. – Moglie mia, – disse il massaro, – se ti succede un’altra volta, digli che ? in vecchiezza che vuoi la ricchezza, perch? la giovent? bene o male la si passa, ma ? in vecchiezza che c’? bisogno di tanti agi. Difatti, quando la terza sera sent? la civetta, – Eh, – disse la massara, – sei ancora qui? In vecchiezza la voglio, hai capito? Pass? del tempo. Una sera, il marito e i figli, stufi di mangiar legumi[85], dissero: – Mamma, domani, se Dio vuole, facci due foglie molli. Alla mattina, la massara prese cappuccio e coltello, e and? a cogliere foglie. La masseria era su una punta di mare, e pi? avanti lei andava, pi? belle foglie trovava. “Che bellezza! – diceva. – Che bellezza di fogli! Stasera i figli miei e l’umno mio hanno da scialare!” Cogli di qua, cogli di l?, era arrivata proprio sulla spiaggia. E mentr’era chinata a cogliere, le arrivano dietro certi Turchi, l’ afferrano, la trascinano su una barca e via per il mare. Ebbe un bel gridare, un bel supplicare per piet?! per misericordia! che la lasciassero andare: fu inutile. Ma lasciamo lei che s’uccideva dai pianti, e prendiamo il povero marito e i figli, la sera quando si ritirarono. Invece della casa aperta, come sempre, con la cena pronta, trovarono la porta chiusa. Chiamarono, bussarono, finirono per sfondar la porta. Quando videro che in casa non c’era, si misero a domandare[86] tra i vicini, chi l’aveva vista. – S?, – dissero i massari vicini, – l’abbiamo vista uscire col cappuccio, ma non l’abbiamo pi? vista tornare. Figuratevi la pena di quei cristiani! Veniva notte, e accesero le lucerne, e andarono in mezzo alla campagna aperta gridando: – Mamma! Mamma! – e a cercare nei pozzi. Ma quando persero la speranza di trovarla, tornarono a casa e si misero a piangere. Poi si vestirono di nero e ricevettero le visite per tre giorni. Ma siccome tutte le cose di questo mondo passano, incominciarono un’altra volta a mettersi alla fatica come prima. Passati due anni da quel fatto, capit? che avessero da arare una gran “chiusura” per seminarla a grano. I figli e il vecchio presero una coppia di buoi per uno e si misero ad arare. Arando, al vecchio gli s’incagli? la punta dell’aratro. Poich? a liberarlo da solo non ce la faceva, chiam? il figlio grande, e, tira tira, videro che s’era impigliato in un anello di ferro. Tirarono l’anello e si sollev? una gran pietra piatta. Sotto, c’era una stanza. – Uh, tato mio! – disse il figlio, – sapessi cosa vedo qua sotto… Ci scendo? – No, – disse il vecchio. – Lasciamo tutto come sta. Stanotte torniamo e vediamo di cosa si tratta. – E cos? si separarono. La sera, ritirandosi coi servi alla masseria, li ubriacarono per bene[87]. Quando videro i servi che ronfavano, il vecchio e i cinque figli andarono al luogo della pietra a urne di lucerna. La sollevarono, scesero, e trovarono sette vasi pieni di monete d’oro. Si guardarono in faccia uno con l’altro. Non sapevano n? che dire n? che fare. – Figli miei, – disse il vecchio, – non ? tempo di stare qui come tanti babbei. Andate, mettete sotto una carretta e venite. I figli corsero a prendere la carretta, si caricarono tutto il tesoro e lo nascosero. Il giorno dopo – erano giusto due anni e un mese dalla scomparsa della povera massara – andarono dal padrone e gli dissero che non volevano pi? stare alla masseria, che di restare l? non avevano pi? cuore. Fecero le consegne, offrirono una gran mangiata ai servi di masseria, si misero in cammino e andarono a Napoli. L? si tolsero i loro panni da contadini e si vestirono pulito; comprarono un palazzo; chiamarono maestri di scuola, maestri di lingue, che gli insegnassero da signori; e poi teatri, e cos? via. Il vecchio si fece il codino, come si usava allora; presero a parlare[88] alla napoletana: isci cc?, isci l?; anche i nomi si cambiarono: non pi? Renzo, Cola, ma don Pietrino, don Saveruccio, ogni bel nome che sentivano, se l’appiccicavano. A vederli, non li avrebbe riconosciuti pi? nessuno. Un giorno, si trovarono tutti e cinque i fratelli insieme, in piazza dell’Immaccolatella; c’era mercato di schiave, more e bianche, e tra le bianche ce n’erano una bellezza. Appena furono a casa: – Pap?, pap?! – dissero (ormai non lo chiamavano pi? tato). – Che c’?, figli miei? – Abbiamo visto tante belle schiave. Ce ne compriamo una? – Eh, – disse il padre, – volete portarmi una sgualdrinella per casa! No, no! Se ce n’? una vecchia, pigliamo quella. And? lui in piazza, guard? le schiave, e ne vide una vecchia, anzi, pareva invecchiata innanzi tempo, dalle fatiche e dalle busse, povera cristiana. – Quanto ne volete? – domand? a quello che le portava. – Cento ducati. Pag?, e la portarono in casa. Questa cristiana, poverina, andava tutta lacera che faceva pena vederla; allora le comprarono vesti nuove e la fecero maestra di casa. Alla sera, di solito, i figli se ne andavano a teatro. Il vecchio invece non usciva mai. Quella cristiana, quando vedeva uscire i cinque fratelli, cominciava a sospirare e a piangere. Una sera, dopo aver fatto luce ai signorini per le scale, si ritirava piangendo, e il signore vecchio chiuse il libro che stava leggendo e la chiam?. – Perch? sospiri e piangi quando vedi i miei figli? – Signore mio, – disse la schiava, – se sapesse quel che tengo in cuore, non me lo chiederebbe! E il vecchio. – Prendi una sedia, e racconta, – disse. – Allora sappia che non sono mai stata schiava, ma ero massara, avevo marito e cinque figli come quelli di vossignoria, – e cominci? a raccontare la sua storia. Quando arrivo alla sera in cui doveva andare a cogliere le foglie molli, ed erano scesi i Turchi e l’avevano rapita, il vecchio s’alza, l’abbraccia e la copre di baci. – Moglie mia, moglie mia, sono io il massaro e quelli sono i cinque figli tuoi, che dopo anni di triboli credendoti morta, un giorno arando abbiamo trovato un tesoro. Ed ecco avverato quel che ti diceva la civetta. Figuratevi la consolazione della cristiana di ritrovare per miracolo il marito e i figli dopo diciassett’anni di schiavit?. Mentre lei raccontava i suoi patimenti, e lui il dolore di crederla morta, e si tenevano stretti, tornarono i figli dal teatro. Vedendo i due vecchi che si facevano tante carezze, dissero: – E non voleva che ci comprassimo una giovane! – No, figli miei, – disse il padre, – questa ? la madre vostra, che abbiamo pianta per morta per tanti anni. Figuratevi i figli! Ad abbracciarla, a baciarla, a dirle: – Mamma mia, basta con quel che hai faticato e patito. D’ora in poi[89] comanderai e ti godrai ogni ricchezza. Vennero cameriere e serve e la vestirono da quella signorona che era, col manicotto e lo scaldino d’inverno, e l’estate col ventaglio. Cos? stettero felici e contenti, e la vecchiezza passarono in ricchezza.
Óïðàæíåíèÿ
1. Âûáåðèòå ïðàâèëüíûé âàðèàíò:
1. La donna era in schiavit? per dieci anni.
2. La donna era in schiavit? per tre anni.
3. La donna era in schiavit? per dicassette anni.
4. La donna era in schiavit? per cinque anni.
2. Ïîäáåðèòå ñèíîíèìû:
fattore – piet? —
servit? – tristezza —
miseria – successo —
bacucco – ricchezza —
3. Âñòàâüòå ïðîïóùåííûå ñëîâà:
1. Una sera, mentre stava per farsi _________ della croce, senti cantare la civetta.
2. Quando videro i servi che ronfavano, il vecchio e i cinque figli andarono al _________ della pietra a urne di lucerna.
3. Ma siccome tutte le cose di questo mondo passano, incominciarono un’altra volta a mettersi alla _________ come prima.
4. Ma lasciamo lei che s’uccideva dai ________, e prendiamo il povero marito e i figli, la sera quando si ritirarono.
4. Âûáåðèòå íóæíûé ãëàãîë:
Quella cristiana, quando vedeva uscire i cinque fratelli, ___________ a sospirare e a piangere.
1. finiva
2. cominciava
3. smetteva
4. taceva
5. Âûáåðèòå íóæíûé ïðåäëîã:
a – di – su – per
1. ____ mattina, la massara prese cappuccio e coltello, e and? _____ cogliere foglie.
2. ____ sera, _____ solito, i figli se ne andavano _____ teatro.
3. E mentr’era chinata ___ cogliere, le arrivano dietro certi Turchi, l’ afferrano, la trascinano ____ una barca e via ____ il mare.
4. Figuratevi la consolazione ______ cristiana _____ ritrovare ____ miracolo il marito e i figli dopo diciassett’anni di schiavit?.
6. Ïîñòàâüòå ãëàãîëû â íóæíóþ ôîðìó:
1. L? (togliersi) i loro panni da contadini e (vestirsi) pulito; (comprare) un palazzo; (chiamare) maestri di scuola, maestri di lingue, che gli (insegnare) da signori.
2. Mentre lei (raccontare) i suoi patimenti, e lui il dolore di crederla morta, e (tenersi) stretti, (tornare) i figli dal teatro.
3. Quando (vedere) i servi che (ronfare), il vecchio e i cinque figli (andare) al luogo della pietra a urne di lucerna.
4. Una sera, dopo aver fatto luce ai signorini per le scale, (ritirarsi) piangendo, e il signore vecchio (chiudere) il libro che (stare) leggendo e la (chiamare).
7. Îòâåòüòå íà âîïðîñû:
1. Che cosa diceva la civetta?
2. Perch? la donna scelse la ricchezza in vecchiezza?
3. Che cosa trovarono il vecchio e i suoi figli?
4. Che cosa raccolse la donna?
5. Raccontare il testo.
Îòâåòû:
1. La donna era in schiavit? per diciassette anni.
3.
1. Una sera, mentre stava per farsi il segno della croce, senti cantare la civetta.
2. Quando videro i servi che ronfavano, il vecchio e i cinque figli andarono al luogo della pietra a urne di lucerna.
3. Ma siccome tutte le cose di questo mondo passano, incominciarono un’altra volta a mettersi alla fatica come prima.
4. Ma lasciamo lei che s’uccideva dai pianti, e prendiamo il povero marito e i figli, la sera quando si ritirarono.
4. cominciava
5.
1. Alla mattina, la massara prese cappuccio e coltello, e and? a cogliere foglie.
2. Alla sera, di solito, i figli se ne andavano a teatro.
3. E mentr’era chinata a cogliere, le arrivano dietro certi Turchi, l’ afferrano, la trascinano su una barca e via per il mare.
4. Figuratevi la consolazione della cristiana di ritrovare per miracolo il marito e i figli dopo diciassett’anni di schiavit?.
Èòàëüÿíñêî-ðóññêèé ñëîâàðü ê ñêàçêàì
A
abbandonare – îñòàâëÿòü, ïîêèäàòü, èçáàâëÿòüñÿ
abbastanza – äîñòàòî÷íî, äîâîëüíî, ñëèøêîì
abbattere – ñâàëèâàòü, âàëèòü (ëåñ)
abbracciarsi – îáíèìàòüñÿ, îáíèìàòü
accadere – ïðîèñõîäèòü, ñëó÷àòüñÿ
accomodarsi – ðàñïîëàãàòüñÿ, ïðèñïîñàáëèâàòüñÿ, ïðèõîäèòü ê ñîãëàøåíèþ
accorciarsi – óêîðà÷èâàòüñÿ, ñîêðàùàòüñÿ
accorgersi – äîãàäûâàòüñÿ, çàìå÷àòü, âèäåòü
accusare – îáâèíÿòü, æàëîâàòüñÿ
aceto m– óêñóñ
addentare – êóñàòü, âöåïëÿòüñÿ çóáàìè, âîíçàòü çóáû
addormentarsi – çàñûïàòü
affacendato – çàíÿòîé, õëîïîòëèâûé
affatto – ñîâñåì, ñîâåðøåííî, âïîëíå
afferrare – õâàòàòü, ëîâèòü, óëàâëèâàòü
affinch? – ÷òîáû, ñ öåëüþ
aggiustare – ïîïðàâëÿòü, ïðèâîäèòü â ïîðÿäîê, íàëàæèâàòü
agio m – óäîáñòâî, êîìôîðò
ago m – èãëà, èãîëêà
aiutare – ïîìîãàòü
allungare – óäëèíÿòü, ðàñòÿãèâàòü, âûòÿãèâàòü, ïðîòÿãèâàòü
alzarsi – âñòàâàòü, ïîäíèìàòüñÿ
ammazzare – óáèâàòü, ðåçàòü
ammonticchiare – ñîáèðàòü â êó÷êè
ancora – åùå, ïîêà, ñíîâà
andarsene – óõîäèòü
anello m – êîëüöî
annodare – ñâÿçûâàòü óçëîì, âÿçàòü óçëû
annusare – íþõàòü, îáíþõèâàòü
anzi – íàïðîòèâ, íàîáîðîò, äàæå
apparire – ïîÿâëÿòüñÿ, ïîêàçûâàòüñÿ, èìåòü âèä, äåëàòü âèä
appendere – âåøàòü, ïîäâåøèâàòü
appiattare – ïðÿòàòü
appicciare – ñîåäèíÿòü, ñêðåïëÿòü
apposta – íàðî÷íî, íàìåðåííî
arare – ïàõàòü
aratro m – ïëóã
arrosto m – æàðêîå; æàðåíûé
asilo m – ïðèþò, óáåæèùå
asino m – îñåë
aspettare – æäàòü, îæèäàòü, ïîäæèäàòü
assai – äîñòàòî÷íî, î÷åíü
assieme – âìåñòå
attaccarsi – ïðèêðåïëÿòüñÿ
attento – âíèìàòåëüíûé, óñëóæëèâûé
attenzioni f – âíèìàòåëüíîñòü, ïðåäóïðåäèòåëüíîñòü
attorcigliarsi – ñêðó÷èâàòüñÿ
autorit? f – âëèÿíèå, àâòîðèòåòíîñòü
avanti – ðàíüøå, âïåðåä
avverare – ïîäòâåðæäàòü, óòâåðæäàòü
avviarsi – îòïðàâëÿòüñÿ, ïóñêàòüñÿ â ïóòü
avvicinarsi – ïðèáëèæàòüñÿ
B
babbeo m – äóðåíü, ãëóïûé
baciare – öåëîâàòü
badare – îáðàùàòü âíèìàíèå, çàáîòèòüñÿ, áûòü âíèìàòåëüíûì
badile m – ëîïàòà, çàñòóï
bagnato – ìîêðûé
battersi – áèòüñÿ, äðàòüñÿ, áèòü ñåáÿ
balordo – ãëóïûé
balzo m – ïðûæîê, ñêà÷îê
bambagia f – õëîïîê
bandire – îãëàøàòü, îáúÿâëÿòü
barba f – áîðîäà
bestia f – æèâîòíîå
bimbo m – ðåáåíîê
birichino m – øàëóí, îçîðíèê
bisunto – æèðíûé, ñàëüíûé
bocca f – ðîò
borraccia f – ôëÿæêà
boscaiolo m – äðîâîñåê
bosco m – ëåñ
botte f – áî÷êà
brigante m – ðàçáîéíèê
brillare – áëåñòåòü, ñâåðêàòü
budino m – ïóäèíã
bucato – äûðÿâûé; m ñòèðêà
buccia f – êîæóðà, øåëóõà
buco m – äûðà, îòâåðñòèå
bue m – áûê, âîë
buio – òåìíûé, òåìíîòà
burrasca f – áóðÿ, øòîðì
bussa f – óäàð
bussare – ñòó÷àòü
buttare – áðîñàòü, âûáðàñûâàòü
C
calamaio m – ÷åðíèëüíèöà
caldaia f – êîòåë
calore m – æàð, òåïëî
cameriere m – êàìåðäèíåð, îôèöèàíò
campagna f – ïîëå
campanella f – êîëîêîëü÷èê
campare – èçáàâëÿòü; æèòü, ñóùåñòâîâàòü
campo m – ïîëå, íèâà
canna f – òðîñòíèê, êàìûø, òðóáà
capanna f – øàëàø, õèæèíà
capo m – ïðåäâîäèòåëü, ãëàâàðü
cappuccio m – êàïþøîí
carezza f – ëàñêà
caricare – íàãðóæàòü
carit? f – ìèëîñåðäèå
carretta f – òåëåæêà, ïîâîçêà
carrettiere m – âîç÷èê
carro m – ïîâîçêà
cascare – ïàäàòü, îêàçàòüñÿ
casupola f – ëà÷óãà
cattivo – ïëîõîé, çëîé
catturare – àðåñòîâûâàòü, çàäåðæèâàòü
cavallo m – ëîøàäü
caverna f – ïåùåðà
cavolfiore m – öâåòíàÿ êàïóñòà
cece m – íóò (òóðåöêèé ãîðîõ)
cencio m – òðÿïêà, ëîñêóò
cenere f – çîëà
cercare – èñêàòü
cervo m – îëåíü
chiacchierare – áîëòàòü
chinare – îïóñêàòü, íàêëîíÿòü
chiodato – ïîäáèòûé ãâîçäÿìè
chiodo m – ãâîçäü
ciabatta f – ñòîïòàííûé áàøìàê
ciascuno – êàæäûé, âñÿêèé
cibo m – åäà
cicoria f – öèêîðèé
cielo m – íåáî
ciondolone m – áåçäåëüíèê
ciuco m – îñåë
civetta f – ñîâà
coda f – õâîñò, øëåéô
codino m – êîíñåðâàòîð
cognato m – äåâåðü, çÿòü
colmare – çàïîëíÿòü
colpa f – âèíà
coltellaccio m – áîëüøîé íîæ
coltello m – íîæ
comandare – ïðèêàçûâàòü, ðàñïîðÿæàòüñÿ
comare f – êóìà
commosso – âçâîëíîâàííûé
compare m – êóì, ïðèÿòåëü
comportamento m – ïîâåäåíèå
comprare – ïîêóïàòü
congedare – îòïóñêàòü, ðàññòàâàòüñÿ
conciato – äóáëåííûé
confessare – êàÿòüñÿ, èñïîâåäîâàòüñÿ
consegna f – ïåðåäà÷à, õðàíåíèå
consolazione f – óòåøåíèå
consultarsi – ñîâåòîâàòüñÿ, ñîâåùàòüñÿ
contadino m – êðåñòüÿíèí
contadinello m – êðåñòüÿíèí
coppia f – ïàðà
coprire – ïîêðûâàòü, íàêðûâàòü
corda f – âåðåâêà
corno m – ðîã
corpo m – òåëî
cortile m – äâîð
coscienza f – ñîâåñòü
costruire – ñòðîèòü, ñîîðóæàòü
croce f – êðåñò
cucire – øèòü
D
davanti – âïåðåäè
derubare – îáêðàäûâàòü
desiderio m – æåëàíèå
destra – ïðàâàÿ ñòîðîíà
difatti – íà ñàìîì äåëå
dirigersi – íàïðàâëÿòüñÿ
discendere – ñïóñêàòüñÿ
disgrazia f – íåñ÷àñòüå
dispetto m – îáèäà, çëîáà
dispiacere – íå íðàâèòüñÿ, ñîæàëåòü
dividere – äåëèòü, ðàçäåëÿòü
dolore m – áîëü, ñêîðáü
donare – äàðèòü
domattina – çàâòðà óòðîì
drizza f – ôàë
drogheria f – áàêàëåÿ
E
egli – îí
empirsi – íàïîëíÿòüñÿ, ïåðåïîëíÿòüñÿ
esitazione f – êîëåáàíèå, íåðåøèòåëüíîñòü
esprimere – âûðàæàòü
F
fabbro m – êóçíåö
faccia f – ëèöî
fagiolo m – ôàñîëü
falegname m – ñòîëÿð
fame f – ãîëîä
fata f – ôåÿ
fatica f – òÿæåëûé òðóä
fava f – áîáû
fazzoletto m – ïëàòîê, êîñûíêà
fiasco m – íåóäà÷à, ôèàñêî
ficcare – âáèâàòü, âòûêàòü
figliastra f – ïàä÷åðèöà
figlio m – ñûí
figliola f – äî÷êà
fiocco m – áàíò, êëîê (øåðñòè)
focolare m – î÷àã
fondo – ãëóáîêèé; m äíî, êîíåö, çåìåëüíîå âëàäåíèå
foresta f – ëåñ
forno m – ïå÷ü
fracasso m – øóì, ãðîõîò, òðåñê
frastornare – ìåøàòü, ïðåïÿòñòâîâàòü
frattempo – òåì âðåìåíåì
freddo m – õîëîä
fretta f – ñïåøêà, òîðîïëèâîñòü
fronte f – ëîá, ôàñàä, ïåðåäíÿÿ ÷àñòü
fumo m – äûì
furia f – ñïåøêà, ïîðûâ, ãíåâ
G
galletta f – ãàëåòà
gambero m – ðàê
gettare – áðîñàòü, êèäàòü
gettarsi – áðîñàòüñÿ, êèäàòüñÿ
ghermire – õâàòàòü, âûðûâàòü
gingillarsi – áåçäåëüíè÷àòü, çàíèìàòüñÿ ïóñòîé áîëòîâíåé
gioia f – ðàäîñòü, âåñåëüå
giovent? f – ìîëîäîñòü
gi? – âíèçó
giubbetto m – òåïëàÿ êóðòêà
giudice m – ñóäüÿ
giungere – äîñòèãàòü, äîáèðàòüñÿ
giurare – êëÿñòüñÿ, áîæèòüñÿ
godere – ïîëüçîâàòüñÿ, íàñëàæäàòüñÿ, èìåòü
grano m – çåðíî, ïøåíèöà
grazia f – âåæëèâîñòü, áëàãîäàðíîñòü
grembiulata f – ïîëíûé ïåðåäíèê (÷åãî-ë.)
grembiule m – ôàðòóê, ïåðåäíèê
guadagnarsi – çàðàáàòûâàòü
I
imbandire – ãîòîâèòü (ïèðøåñòâî)
imbattersi – ñëó÷àéíî âñòðåòèòüñÿ, íàòîëêíóòüñÿ
impastare – çàìåøèâàòü, ïðèêëåèâàòü
impertinente – äåðçêèé, íàõàëüíûé, íåóìåñòíûé
impigliarsi – çàïóòûâàòüñÿ, çàöåïëÿòüñÿ, âïóòàòüñÿ
impietosito – æàëîñòëèâûé
inanellare – êîëüöåâàòü, ïðèäàâàòü ôîðìó êîëüöà
incagliarsi – ñàäèòüñÿ íà ìåëü, çàñòðåâàòü, çàäåðæèâàòü
incamminarsi – íàïðàâëÿòüñÿ, ïóñêàòüñÿ â ïóòü
incontrare – âñòðå÷àòü
incominciare – íà÷èíàòü
indietro – íàçàä, ïîçàäè
indomani – çàâòðàøíèé äåíü
indovinare – óãàäûâàòü, äîãàäûâàòüñÿ
ingannare – îáìàíûâàòü
inganno m – îáìàí, îøèáêà
inghiottire – ïðîãëîòèòü
infornare – ñòàâèòü â ïå÷ü
innamorarsi – âëþáëÿòüñÿ
innanzi – ïðåæäå, ðàíüøå, ïåðåä
insegnare – ïðåïîäàâàòü, ó÷èòü, îáó÷àòü
intanto – ìåæäó òåì, òåì âðåìåíåì
intero – öåëûé, âåñü
inteso – çàíÿòûé, ïîãëîùåííûé, ïîíÿòíûé
intimare – òðåáîâàòü, ïðèêàçûâàòü
intorno – âîêðóã, êðóãîì
intirizzito – îêî÷åíåâøèé, çàñòûâøèé
invecchiato – ïîñòàðåâøèé
L
l? – òàì
laborioso – òðóäîëþáèâûé, ðàáîòÿùèé
lacero – îáîðâàííûé, ðâàíûé
laggi? – òàì âíèçó
lana f – øåðñòü
lanterna f – ôîíàðü
largo – øèðîêèé, îòêðûòîå ìîðå
lavare – ìûòü, ñòèðàòü
legno m – äðåâåñèíà
lenzuolo m – ïðîñòûíÿ
letame m – íàâîç
levarsi – âñòàâàòü, ïîäíèìàòüñÿ
liberare – îñâîáîæäàòü
liberarsi – îñâîáîæäàòüñÿ
libraccio m – êíèæíûé øêàô
lisca f – ðûáüÿ êîñòî÷êà
lodare – õâàëèòü, ñëàâèòü
lombrico m – äîæäåâîé ÷åðâü
luccicare – ñâåðêàòü, ñèÿòü, áëåñòåòü
luccichio m – ñâåðêàíèå
luce f – ñâåò
luogo m – ìåñòî, ìåñòíîñòü
lupino m – ëþïèí
lusingare – ïðåëüùàòü, îáîëüùàòü
lutto m – ãîðå, òðàóð
M
magari – ïîæàëóé
maggiore – ñòàðøèé, ãëàâíûé
maestra f – íàñòàâíèöà
mai m – íèêîãäà
maiale m – ñâèíüÿ
malandato – èñïîð÷åííûé, ðàçîðèâøèéñÿ
malerba f – ñîðíÿê
malizioso – õèòðûé
mangiata f – óãîùåíèå, îáèëüíàÿ åäà
manicotto m – ìóôòà
mantenere – äåðæàòü, ïîääåðæèâàòü
martello m – ìîëîòîê
massaro m – ôåðìåð
masseria f – ôåðìà
mangiapane m – ëîäûðü, äàðìîåä
marengo m – ìàðåíãî (çîëîòàÿ ìîíåòà)
matrigna f – ìà÷åõà
mentre – ïîêà, ìåæäó òåì
meraviglia f – èçóìëåíèå, ÷óäî
meravigliato – óäèâëåííûé, èçóìëåííûé
mescere – íàëèâàòü, ñìåøèâàòü
miagolare – ìÿóêàòü
miracolo m – ÷óäî
miseria f – áåäíîñòü, íóæäà, íèùåòà
miseramente – ïî-íèùåíñêè
misericordia f – ìèëîñåðäèå, æàëîñòü
misurare – ìåðèòü, èçìåðÿòü
moglie f – æåíà
molle – ìÿãêèé
montagna f – ãîðà
monte m – ãîðà
mormorare – áîðìîòàòü, âîð÷àòü
moro – ÷åðíûé, m ìàâð
morso m – óêóñ
mucchio m – êó÷à
muro m – ñòåíà
N
nascondere – ïðÿòàòü
navetta f – ÷åëíîê
nominare – íàçûâàòü, èìåíîâàòü
nuvola f – îáëàêî
O
occhiataccia f – âçãëÿä
odore m – çàïàõ, àðîìàò
offeso – îáèæåííûé, îñêîðáëåííûé
offrire – ïðåäëàãàòü, ïðåïîäíîñèòü
onda f – âîëíà
oppiato – ñìåøàííûé ñ îïèóìîì
oretta f – ÷àñîê
ormai – óæå, íàêîíåö-òî, îäíàêî
orzo m – ÿ÷ìåíü
oscurarsi – òåìíåòü, ìåðêíóòü, óãàñàòü
ossa f – êîñòè
P
padrone m – õîçÿèí
pagnotta f – áóëêà
paese m – ñòðàíà, çåìëÿ, äåðåâíÿ
paesano m – ìåñòíûé æèòåëü
paiolo m – êîòåë
panno m – îäåæäà, áåëüå
palato m – í¸áî
palazzo m – äâîðåö
patimento m – ñòðàäàíèå, ìó÷åíèå
patto m – äîãîâîð, ñîãëàøåíèå
pascolare – ïàñòèñü
pascolo m – ïàñòáèùå
pazientare – îáëàäàòü òåðïåíèåì
pazienza f – òåðïåíèå, íè÷åãî íå ïîäåëàåøü
pena f – íàêàçàíèå, áîëü
pendere – âèñåòü, ñâèñàòü
pensiero m – ìûñëü
pentola f – êàñòðþëÿ
perdere – òåðÿòü
permettere – ïîçâîëÿòü
pertugio m – óçêîå îòâåðñòèå
pescatore m – ðûáàê
pesce m – ðûáà
piatto m – òàðåëêà, áëþäî, ïëîñêèé
picchiare – ñòó÷àòü
piccino – ìàëåíüêèé
piet? f – ñîñòðàäàíèå, æàëîñòü
pietanza f – áëþäî, êóøàíüå
pigliare – õâàòàòü
pignatta f – ãîðøîê
poich? – ïîñëå òîãî, êàê, ïîòîìó ÷òî
posare – êëàñòü, ñòàâèòü
poverino m – áåäíÿæêà
pozzo m – êîëîäåö
premiare – íàãðàæäàòü
presentarsi – ÿâëÿòüñÿ, ïðèõîäèòü, ïðåäñòàâëÿòüñÿ
prezioso – äðàãîöåííûé
principio m – íà÷àëî, îñíîâà
profittare – ïðåóñïåâàòü
promessa f – îáåùàíèå
pronunciare – ïðîèçíîñèòü
provincia f – ïðîâèíöèÿ
provvista f – çàïàñ
pungersi – óêîëîòüñÿ
pulcino m – öûïëåíîê
pulito – ÷èñòûé
punta f – îñòðèå, êîí÷èê
pure – âñå æå, îäíàêî
Q
quercia f – äóá
R
rabbia f – ÿðîñòü, áåøåíñòâî
raggio m – ëó÷
ramo m – âåòêà
rana f – ëÿãóøêà
rapire – ïîõèùàòü
raso m – àòëàñ
reggere – äåðæàòü, ñäåðæèâàòü, ïîääåðæèâàòü
rendita f – äîõîä, ðåíòà
restituire – âîçâðàùàòü, îòäàâàòü
riaversi – ïðèõîäèòü â ñåáÿ, ïîïðàâëÿòüñÿ
ricavare – èçâëåêàòü ïîëüçó, ïîëó÷àòü äîõîä
ricavato – äîáûòûé; m âûðó÷êà, äîõîä
ricchezza f – áîãàòñòâî
ricevere f – ïîëó÷àòü, ïðèíèìàòü
richiesta f – òðåáîâàíèå, ïðîñüáà
ricompensare – âîçíàãðàæäàòü
ricordarsi – ïîìíèòü, âñïîìèíàòü
riempire – íàïîëíÿòü, çàïîëíÿòü
rigovernare – ìûòü (ïîñóäó)
rimedio m – ñðåäñòâî
rimpinzare – íàáèâàòü áðþõî
ringraziare – áëàãîäàðèòü
ripassare – âîçâðàùàòüñÿ
ripostiglio m – êëàäîâêà, ÷óëàí
ripresentarsi – ñíîâà ïðèõîäèòü
riscaldarsi – íàãðåâàòüñÿ, ñîãðåâàòüñÿ
risorgere – âîçðîæäàòüñÿ, ïðèõîäèòü â ñåáÿ
risparmiare – áåðå÷ü, ñáåðåãàòü
ritirarsi – îòñòóïàòü, îòñòðàíÿòüñÿ
riuscire – óäàâàòüñÿ
riverenza f – óâàæåíèå, ïî÷òåíèå, ðåâåðàíñ
rivolgere – îáðàùàòü, íàïðàâëÿòü, îáäóìûâàòü
roba f – âåùü, ïðåäìåò, øòóêà
rompersi – ëîìàòüñÿ, ðàçáèâàòüñÿ, ëîìàòü ñåáå
ronfare – ñèëüíî õðàïåòü
rovesciare – îïðîêèäûâàòü, ïåðåâåðòûâàòü
rubare – êðàñòü
rumore m – øóì, ãðîõîò
S
sacco m – ìåøîê
saltare – ïðûãàòü
salvarsi – ñïàñàòüñÿ
sanguinaccio m – êðîâÿíàÿ êîëáàñà
sapere – çíàòü, óìåòü
sapiente – ìóäðûé, çíàþùèé
sazio – ñûòûé
sbalordito – îøåëîìëåííûé, ïîðàæåííûé
sbattere – óäàðÿòü, õëîïàòü, áèòü
scala f – ëåñòíèöà
scalcagnato – ñòîïòàííûé
scaldarsi – ãðåòüñÿ, ñîãðåâàòüñÿ
scaldino m – ãðåëêà
scaletta f – ëåñåíêà
scaltro – óìíûé, õèòðûé
scalzo – áîñîé, ðàçóòûé
scappare – óáåãàòü, óäèðàòü
scarpini m pl – äàìñêèå òóôëè-ëîäî÷êè
scartabellare – áûñòðî ïðîñìàòðèâàòü, ïåðåëèñòûâàòü
scendere – ñïóñêàòüñÿ
schiantare – ëîìàòü, ðàçáèâàòü
schiava f – ðàáûíÿ
schiavit? f – ðàáñòâî
scia f – êèëüâàòåð
sciacquare – ïîëîñêàòü, ñïîëàñêèâàòü
scialare – ðàñòî÷àòü, ðàñòðà÷èâàòü, ùåãîëÿòü, õâàñòàòüñÿ
scomparire – èñ÷åçàòü
scomparsa f – èñ÷åçíîâåíèå
sconsolato – áåçóòåøíûé, ïå÷àëüíûé
scopare – ìåñòè, ïîäìåòàòü
scoperto – îòêðûòûé
scoppiare – ëîïàòüñÿ, ðàçðûâàòüñÿ, âçðûâàòüñÿ
scoppiettare – òðåùàòü, ïîòðåñêèâàòü, ùåëêàòü
scorciatoia f – êðàò÷àéøèé ïóòü
scorpacciata f – îáúåäåíèå, èçëèøåñòâî
scuocere – ïåðåæàðèòüñÿ, ïåðåâàðèòüñÿ
scure f – òîïîð
seccato – âûñóøåííûé, ñóõîé
secchio m – âåäðî
segno m – çíàê, ñèìâîë
seguente – ñëåäóþùèé
seminare – ñåÿòü, çàñåâàòü
sentirsi – ÷óâñòâîâàòü ñåáÿ
separarsi – ðàñõîäèòüñÿ, ðàññòàâàòüñÿ
seppellire – õîðîíèòü, ïîãðåáàòü
servo m – ðàá, ñëóãà
sfamarsi – óòîëÿòü ãîëîä, íàåäàòüñÿ
sfilare – âûäåðãèâàòü íèòêó
sfondare – ïðîáèâàòü, âçëàìûâàòü
sfondato – ðàçáèòûé, èñïîð÷åííûé, áåçäîííûé
sfortuna f – íåñ÷àñòüå, íåóäà÷à
sgabuzzino m – êàìîðêà, êëàäîâàÿ
sgridare – áðàíèòü
sgusciare – ëóùèòü, óñêîëüçàòü, î÷èùàòü îò ñêîðëóïû
siccome – òàê êàê
signorino m – ìîëîäîé ñèíüîð
sinistra f – ëåâàÿ ñòîðîíà
slegare – ðàçâÿçûâàòü, îòâÿçûâàòü
smarrito – ïîòåðÿííûé, ðàñòåðÿííûé
smettere – îñòàâëÿòü, ïðåêðàùàòü, ïåðåñòàâàòü
soglia f – ïîðîã
soffitto m – ïîòîëîê
solco m – áîðîçäà, êîëåÿ
solennemente – âåëè÷àâî, òîðæåñòâåííî
sollevare – ïðèïîäíèìàòü, óòåøàòü
sollevarsi – îáîäðÿòüñÿ, ïîäíèìàòüñÿ
somaro m – îñåë
sorellastra f – ñâîäíàÿ ñåñòðà
sorte f – ñóäüáà, ó÷àñòü, äîëÿ
sospirare – âçäûõàòü
sospetto – ïîäîçðèòåëüíûé; m ïîäîçðåíèå
sottile – òîíêèé
sottoterra – ïîä çåìëåé, ïîäçåìíûé
spacciare – ïðîäàâàòü, ñáûâàòü, îòäåëàòüñÿ, ðàñïðîñòðàíÿòü
spalancare – ðàñïàõèâàòü
spalla f – ïëå÷î
spandere – ðàññûïàòü, ðàçáðàñûâàòü, ðàçëèâàòü
sparecchiare – óáèðàòü ñî ñòîëà
spartire – äåëèòü íà ÷àñòè, ðàçäåëÿòü
spaventato – èñïóãàííûé
spazzare – ïîäìåòàòü
specchiarsi – ñìîòðåòüñÿ â çåðêàëî, îòðàæàòüñÿ
spedito – áûñòðûé, ëîâêèé
spellare – ñäèðàòü êîæó, øêóðó
speranza f – íàäåæäà
sperare – íàäåÿòüñÿ
spiaggia f – ïëÿæ
spiccare – îòäåëÿòü, îòðûâàòü
spinta f – òîë÷îê
spintone m – ãðóáûé/ ñèëüíûé òîë÷îê
spirare – äóòü, âåÿòü
splendere – áëåñòåòü, ñâåðêàòü
sporco – ãðÿçíûé
sporta f – êîðçèíà äëÿ ïðîâèçèè, ñóìêà
sposa f – íåâåñòà
sposarsi – æåíèòüñÿ
sprecare – ðàñòðà÷èâàòü
sputare – ïëåâàòü, ïðåíåáðåãàòü
squartare – ðàçäåëÿòü, ðàçðåçàòü
squisito – âêóñíûé, èçûñêàííûé
sradicare – âûêîð÷åâûâàòü
staccare – îòäåëÿòü, îòðåçàòü, îòðûâàòü
staccarsi – îòäåëÿòüñÿ, ðàçëó÷àòüñÿ
stanzino m – êîìíàòêà
stavolta – â ýòîò ðàç
stella f – çâåçäà
stento m – íóæäà, áåäíîñòü
stizza f – ðàçäðàæåíèå, äîñàäà
stracciato – ðâàíûé, ïîðâàííûé
strappare – ðâàòü, âûðûâàòü
strapparsi – ðâàòüñÿ, ðàçðûâàòüñÿ
stringersi – ñæèìàòüñÿ, ñóæèâàòüñÿ
stoppello m – åìêîñòü äëÿ èçìåðåíèÿ â äðåâíîñòè (âìåùàåò 6,8 ëèòðà)
studiare – ó÷èòüñÿ
stufarsi – ãðåòüñÿ ó ïå÷êè, ñêó÷àòü
stuoia f – öèíîâêà, ðîãîæà
stuoiaio m – öèíîâùèê
stupore m – èçóìëåíèå
supplicare – óìîëÿòü, ïðîñèòü
svenire – òåðÿòü ñîçíàíèå
sventare – ðàññòðàèâàòü, ðàñêðûâàòü, ðàçîáëà÷àòü
T
tacchino m – èíäþê
talmente – òàê, â òàêîé ñòåïåíè
tasca f – êàðìàí
tato m – ïàïà
tela f – ïîëîòíî, òêàíü
temere – áîÿòüñÿ
tentare – ïûòàòüñÿ, ïðîáîâàòü
terminare – çàêàí÷èâàòü
tesoro m – ñîêðîâèùå
tessere – òêàòü, ïëåñòè
tessitrice f – òêà÷èõà
tirare – òÿíóòü, òàùèòü
tracciare – ÷åðòèòü, ðàçìå÷àòü
trascinare – òàùèòü, âîëî÷èòü
trasferirsi – ïåðååçæàòü
trattenere – óäåðæèâàòü, ñäåðæèâàòü
tremare – äðîæàòü
tribolare – ìó÷èòü, ìó÷èòüñÿ
tronco m – ñòâîë, áðåâíî
trovare – íàõîäèòü
togliersi – ñíèìàòü ñ ñåáÿ
tuffarsi – ñàäèòüñÿ (î ñîëíöå)
U
ubbidire – ñëóøàòüñÿ
ubriacare – íàïàèâàòü, îïàèâàòü
unto – ñìàçàííûé; m ìàçü, æèð
urna f – óðíà
uscio m – äâåðü
V
vacchetta f – ÿëîâàÿ êîæà
valle f – äîëèíà
varcare – ïåðåõîäèòü
vedova f – âäîâà
velocemente – áûñòðî
vendere – ïðîäàâàòü
vendetta f – ìåñòü
ventaglio m – âååð
vergogna f – ñòûä
verso m – íàïðàâëåíèå, ïðè÷èíà
vetro m – ñòåêëî
vocina f – ãîëîñîê
volo m – ïîëåò
volto m – ëèöî
Z
zappare – ìîòûæèòü
zitto – ìîë÷àëèâûé
zucca f – òûêâà
Ïðèìå÷àíèÿ
1
C’era un vecchio – æèë-áûë ñòàðèê
(îáðàòíî)2
far legna – ðóáèòü äðîâà
(îáðàòíî)3
mentre andava nel bosco lamentandosi – â òî âðåìÿ, êàê îí øåë ïî ëåñó ñîêðóøàÿñü
(îáðàòíî)4
senza dir niente alla moglie – íè÷åãî íå ãîâîðÿ æåíå
(îáðàòíî)5
Se li do a lei – åñëè ÿ èõ äàì åé
(îáðàòíî)6
Ñ’erano – ci erano
(îáðàòíî)7
il giorno dopo – íà ñëåäóþùèé äåíü
(îáðàòíî)8
seppe non mangi? neanche un boccone – íå ñìîã è êóñêà ñúåñòü
(îáðàòíî)9
Una volta – îäíàæäû
(îáðàòíî)10
a forza di – áëàãîäàðÿ, ïî ïðè÷èíå
(îáðàòíî)11
decise di farle un regalo – ðåøèëî ñäåëàòü åé ïîäàðîê
(îáðàòíî)12
perch? – ÷òîáû
(îáðàòíî)13
nascondendosi – ïðÿ÷àñü
(îáðàòíî)14
quando meno se lo aspettava – êîãäà ìåíüøå âñåãî ýòîãî îæèäàëî
(îáðàòíî)15
che gli chiese cosa stesse facendo – êîòîðûé ñïðîñèë ó íåãî, ÷òî îí äåëàåò
(îáðàòíî)16
sto cercando di – ïûòàþñü, ñòàðàþñü
(îáðàòíî)17
un bel po’ – ïîðÿäî÷íî, äîñòàòî÷íî
(îáðàòíî)18
tornarsene = tornarsi
(îáðàòíî)19
sapendo di tradire – çíàÿ, ÷òî ïðåäàåò
(îáðàòíî)20
molto di pi? di quello che si aspettavano – ãîðàçäî áîëüøå òîãî, ÷åì îíè îæèäàëè
(îáðàòíî)21
fu costretto – áûë âûíóæäåí
(îáðàòíî)22
guai a te – ãîðå òåáå
(îáðàòíî)23
sul colpo – òóò æå
(îáðàòíî)24
da mantenere s? e la moglie – ÷òîáû ñîäåðæàòü/ ïðîêîðìèòü ñåáÿ è æåíó
(îáðàòíî)25
e faceva gi? il conto – è óæå ïîäñ÷èòàë
(îáðàòíî)26
Giunto alla quercia – äîéäÿ äî äóáà
(îáðàòíî)27
come se – êàê áóäòî, ñëîâíî
(îáðàòíî)28
si lasci? sfuggire la scure dalle mani – âûïóñòèë òîïîð èç ðóê
(îáðàòíî)29
fece per andarsene – ñîáèðàëñÿ óéòè
(îáðàòíî)30
Strada facendo gli venne un appetito straordinario – ïî äîðîãå îí ñèëüíî ïðîãîëîäàëñÿ
(îáðàòíî)31
fame da lupi – çâåðñêèé ãîëîä / ñîáà÷èé ãîëîä
(îáðàòíî)32
Ah che stupido che sono – àõ, êàêîé ÿ ãëóïåö
(îáðàòíî)33
costringendolo a piegare la testa fino a terra – âûíóäèâ åãî ñêëîíèòü ãîëîâó äî çåìëè
(îáðàòíî)34
per forza – íåîõîòíî, âûíóæäåííî, ïîíåâîëå
(îáðàòíî)35
si udirono colpi alla porta – ïîñëûøàëñÿ ñòóê â äâåðü
(îáðàòíî)36
se le avesse fatte entrare lo avrebbero portato via – åñëè îí âïóñòèò èõ, òî îíè çàáåðóò åãî
(îáðàòíî)37
non appena – åäâà
(îáðàòíî)38
perch? – ÷òîáû
(îáðàòíî)39
si mise a gridare – íà÷àë êðè÷àòü
(îáðàòíî)40
tornava a tirare – ñíîâà òÿíóëà
(îáðàòíî)41
invece di – âìåñòî òîãî, ÷òîáû
(îáðàòíî)42
and? avanti – ïîøåë âïåðåä
(îáðàòíî)43
faceva il ciabattino – ðàáîòàë ñàïîæíèêîì
(îáðàòíî)44
Apritiquercia – îòêðîéñÿ äóá
(îáðàòíî)45
rest? nascosto – îñòàëñÿ â òåíè
(îáðàòíî)46
Chiuditiquercia – çàêðîéñÿ äóá
(îáðàòíî)47
si trov? – îêàçàëñÿ
(îáðàòíî)48
tintinnanti – ïîçâÿêèâàþùèìè
(îáðàòíî)49
Che t’? successo – ÷òî ñ òîáîé ñëó÷èëîñü
(îáðàòíî)50
figuratevi – ïðåäñòàâüòå ñåáå
(îáðàòíî)51
Ora non facciamoci pi? vedere laggi?, se no ci lasciamo la pelle – òåïåðü ìû áîëüøå íå áóäåì òàì ïîÿâëÿòüñÿ, åñëè íå õîòèì ðàñïðîùàòüñÿ ñ æèçíüþ
(îáðàòíî)52
far man bassa – íàãðàáèòü
(îáðàòíî)53
far la guardia – êàðàóëèòü, îõðàíÿòü
(îáðàòíî)54
dato che – ïîñêîëüêó, ââèäó òîãî, ÷òî
(îáðàòíî)55
si mise a far la taverniera – ñòàëà ðàáîòàòü õîçÿéêîé òàâåðíû
(îáðàòíî)56
sei capace di dar due punti a questa scarpa – òû ìîæåøü ïîäëàòàòü ýòîò áîòèíîê
(îáðàòíî)57
stava mal da morte – áûëà ïðè ñìåðòè
(îáðàòíî)58
Dalle a me se no – äàé èõ ìíå, èíà÷å
(îáðàòíî)59
alle corte – ðåøàéñÿ / áëèæå ê äåëó
(îáðàòíî)60
a gambe levate – ñî âñåõ íîã
(îáðàòíî)61
fece un balzo indietro – îòñêî÷èë
(îáðàòíî)62
in un boccone – â îäèí ïðèñåñò / âìèã
(îáðàòíî)63
faceva appena capolino – åäâà âûñóíóëà ãîëîâó
(îáðàòíî)64
dare la scopa – ïîäìåòàòü
(îáðàòíî)65
venne fuori – ïîÿâèëàñü
(îáðàòíî)66
in mezzo a – â îêðóæåíèè / ñðåäè
(îáðàòíî)67
mise in ordine – ïðèâåëà âñå â ïîðÿäîê
(îáðàòíî)68
gonnelle = gonne
(îáðàòíî)69
non vedeva l’ora di – åé íå òåðïåëîñü
(îáðàòíî)70
a suon di bastonate – èç-ïîä ïàëêè
(îáðàòíî)71
non fece altro che – òîëüêî è äåëàëà, ÷òî
(îáðàòíî)72
vattene – ñòóïàé-êà
(îáðàòíî)73
a furia di – â ñèëó òîãî, ÷òî
(îáðàòíî)74
tra s? – ïðî ñåáÿ / ìûñëåííî
(îáðàòíî)75
In sul far della notte – áëèæå ê íî÷è / ïîä íî÷ü
(îáðàòíî)76
leccarti le labbra – îáëèçûâàòüñÿ
(îáðàòíî)77
Fa niente – íè÷åãî / íåâàæíî
(îáðàòíî)78
per tempo – ðàíî
(îáðàòíî)79
mangiar zucche a crepapelle – íàåñòüñÿ òûêâàìè äî îòâàëà
(îáðàòíî)80
Mise fuori un bando – èçäàë óêàç
(îáðàòíî)81
prese in parola – ïîéìàë íà ñëîâå
(îáðàòíî)82
ben strani – î÷åíü ñòðàííûå
(îáðàòíî)83
darsi aria – äåëàòü âèä / íàïóñòèòü íà ñåáÿ âèä
(îáðàòíî)84
diceva il rosario – ìîëèëàñü
(îáðàòíî)85
stufi di mangiar legumi – êîòîðûì íàäîåëî åñòü îâîùè
(îáðàòíî)86
si misero a domandare – ïðèíÿëèñü ñïðàøèâàòü
(îáðàòíî)87
per bene – ïîðÿäî÷íî / ïðèëè÷íî
(îáðàòíî)88
presero a parlare – çàãîâîðèëè
(îáðàòíî)89
D’ora in poi – îòíûíå / âïðåäü
(îáðàòíî)Îãëàâëåíèå
Il pesce lucente Il Sole innamorato Il pane d’oro I tre desideri Le streghelle La tessitrice I tredici briganti Il lupo e le tre ragazze La fiaba dei gatti Le tre casette Il contadino astrologo La madre schiava Èòàëüÿíñêî-ðóññêèé ñëîâàðü ê ñêàçêàì